Il talento e la felicità
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Il talento e la felicità
Che ne pensate di questo:
"Ciascuno trova la felicità quando trova il suo talento"?
E' di James Hillman
Io l'ho intesa così: quando e se (perchè non è detto che le circostanze mettano nelle condizoni di trovare la vera essenza di sè) si trova il proprio "talento", cioè si scopre cosa si è davvero (secondo il vecchio principio socratico del "conosci te stesso") e cosa si è in grado di fare in potenza e in atto (altro aspetto fondamentale), allora si raggiunge la felicità. Ma questa non intesa come generalmente si fa, la vedo intesa più come facevano gli epicurei e quindi la felicità come assenza del dolore. E anche questo, il dolore, è inteso come qualcosa di più generale. Non è il dolore fisico nè quello inteso come "dispiacere". E' il male di vivere che si intende per dolore. Questo aforisma lo sento molto congeniale. Mi è piaciuto e l'ho sentito mio appena l'ho letto. Anzi, lo aggiungo in firma quando ho un attimo di tempo. E' un fedele ritratto di me, credo.
Un aforisma è per sua stessa natura aperto a mille interpretazioni.
Non ci avevo pensato... L'indicativo è difatti il tempo della certezza. E qui suona come un "è solo questione di tempo". Che strano, è stato scritto più volte oggi.
"Ciascuno trova la felicità quando trova il suo talento"?
E' di James Hillman
Ninfa ha scritto:
se diamo a talento il significato di realizzazione sono d'accordo. talento può essere anche il desiderio di essere "semplicemente" donna, moglie e madre o uomo, marito, padre, ad esempio.
Talento può essere sentirsi realizzati nel proprio lavoro.
Sono situazioni che sicuramente rendono felici.
io la interpreto così
Lula ha scritto:si talento se inteso come predisposizione, allora vuol dire che ha trovato la strada per la felicità ammesso che riesca a realizzarla
angelino ha scritto:io credo che il significato di questa frase sia più alto...
Io l'ho intesa così: quando e se (perchè non è detto che le circostanze mettano nelle condizoni di trovare la vera essenza di sè) si trova il proprio "talento", cioè si scopre cosa si è davvero (secondo il vecchio principio socratico del "conosci te stesso") e cosa si è in grado di fare in potenza e in atto (altro aspetto fondamentale), allora si raggiunge la felicità. Ma questa non intesa come generalmente si fa, la vedo intesa più come facevano gli epicurei e quindi la felicità come assenza del dolore. E anche questo, il dolore, è inteso come qualcosa di più generale. Non è il dolore fisico nè quello inteso come "dispiacere". E' il male di vivere che si intende per dolore. Questo aforisma lo sento molto congeniale. Mi è piaciuto e l'ho sentito mio appena l'ho letto. Anzi, lo aggiungo in firma quando ho un attimo di tempo. E' un fedele ritratto di me, credo.
angelino ha scritto:
ma...
così hai detto già tutto :(
e a noi cosa rimane da interpretare?
Un aforisma è per sua stessa natura aperto a mille interpretazioni.
angelino ha scritto:
La cosa che mi colpisce di più è che, a mio parere, in questo pensiero non c'è spazio per il dubbio: ciascuno ha il suo talento!
E se ci pensate bene non è cosa da poco...
E l'uso ripetitivo dei due indicativi, fate ben attenzione, non è casuale: in esso c'è la grande certezza che trovare il proprio talento, e di conseguenza essere felici, è alla portata di tutti. Che grande messaggio di speranza!
Non ci avevo pensato... L'indicativo è difatti il tempo della certezza. E qui suona come un "è solo questione di tempo". Che strano, è stato scritto più volte oggi.
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