VITA - MELANIA G MAZZUCCO
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VITA - MELANIA G MAZZUCCO
Vita narra le peripezie della famiglia Mazzucco, emigrata negli Stati Uniti agli inizi del secolo scorso; è dunque un romanzo biografico e in qualche modo autobiografico, sostanziato da accadimenti reali cercati in archivi, in documenti e vecchie lettere, in brandelli di memoria, aneddoti e leggende familiari che poco per volta la scrittrice trasforma in un'interrogazione postuma, in un dialogo silenzioso con il padre Roberto - a cui è dedicato il libro - che "amava raccontare e sapeva che solo ciò che viene raccontato è vero". Chi era Diamante - padre di Roberto e nonno dell'autrice? Chi era Vita? Cosa resta di quelle due figure leggendarie che, undici anni lui, nove anni lei, partiti da Minturno di Tufo, approdarono a Ellis Island, sottolo sguardo di pietra della favolosa Statua della Libertà? Benché i fatti siano ricostruiti con l'accanimento di un archivista, il romanzo resta pervaso da un'atmosfera chagalliana, incantata e sospesa. Il "materiale" umano che Melania Mazzucco riesce a far levitare, a rendere fiabesco, ironico e commovente, è la brutalità, la miseria, l'assenza di grazia di un gruppo di italiani arrivati a New York nei primi anni del secolo scorso, tra negozi dati alle fiamme e agenzie di pompe funebri che fungono da copertura a una mafia pericolosa e sgangherata. Fili narrativi fatti di dettagli minuti dipanano storie di emigrati che potrebbero valere anche oggi, anche qui, senza che mai vengano nominate le parole mafia, povertà, razzismo, dolore, sradicamento. I reperti dell'esistenza - i barattoli di latta usati come piatti, il Vangelo stinto e macchiato di sugo, metà delle pagine mancanti perché in casa non ci sono libri e capita che i bordanti debbano correre d'urgenza in gabinetto e non trovino di meglio per asciugarsi - si dispongono quasi da soli a formare accidentati paesaggi interiori.
Tuttavia è la parola il cuore pulsante di questo libro, la parola cercata,
voluta, amata come cifra dell'umano, indagata nello scacco di chi, in un paese straniero, si ritrova nell'impotenza dei bambini prima di imparare il nome delle cose, che piangono senza poter dire di cosa hanno paura o cosa li fa soffrire. Per Diamante la parola è una ricerca affannosa; per Vita è un talento, insieme a quella che si potrebbe maldestramente chiamare disobbedienza, ma che invece è obbedienza a una regola interiore, come la necessità del canto per un uccello.
L'America di Vita è una sospensione, un viaggio iniziatico, un miraggio, e non a caso l'autrice mette a esergo del libro una citazione di Alain Resnais tratta da Mon oncle d'Amerique: "L'America non esiste. Io lo so perché ci sono stato". L'America è fatta di strade numerate, e non l'alfabeto ma l'abaco è la chiave di New York. Più i numeri delle strade scendono, meno contano, e chi abita nelle strade coi numeri bassi vale zero. L'America è un vuoto dove tutto può accadere. Durante una prima irruzione, mai più ripetuta, nel cuore della città, Vita e Diamante vedono il volto gigantesco di una donna stampato su un cartellone che, dalla parete di un edificio, sembra guardarli. Sfoggia un sorriso rosso e denti perfetti, bianchissimi. "Cos'è? Che dice?" chiede Vita, che non sa leggere. "Dice LET'S SMILE, WOMEN, BUY LIPSTICK KISSPROOF 1.99". Diamante, al quale il senso della scritta resta inaccessibile, spara l'ennesima bugia. C'è un cavadenti dietro il cartellone. E' bravo e non fa male con le pinze, per quello la donna sorride. Vita scrolla le spalle, delusa, eppure quel sorriso la cattura. Le donne di Tufo non avevano tutti quei denti, spesso gliene mancava uno, o più d'uno, o anche tutti, e forse per questo non sorridevano mai. Ma in America le donne sono tutte alte, e bionde, sorridono felici. Forse, pensa, sotto il sole americano da grande diventerò anch'io come loro.
Nonostante il racconto di sopraffazioni, di umiliazioni e di patimenti, ci si ritrova spesso, nella lettura del libro, con un sorriso aleggiante sul volto, perché Vita fa sorridere come fa sorridere la vita quando è afferrata per un lembo, quando per un istante viene mostrata nella sua meravigliosa, miserevole necessità di essere, in bilico tra le bassezze della sopravvivenza e lo slancio del sogno. Mazzucco accosta la figura del nonno al Chaplin di Charlot emigrante, distribuito in Italia nel 1917. "Quella storia lo faceva ridere e lo commuoveva. Non so se rivedeva in quell'omino se stesso - e se quella storia, che in fondo per Chaplin era autobiografica, gli sembrava anche la sua. Comunque, varie volte, negli anni Trenta, portò suo figlio Roberto a vederla - e anche mio padre, come poi avrei fatto io, non gli chiese mai perché. Ma Roberto non aveva capito perché mai, mentre la platea sussultava, squassata dalle risa, suo padre restava immobile, pietrificato nell'oscurità, lo sguardo fisso sullo schermo".
Tuttavia è la parola il cuore pulsante di questo libro, la parola cercata,
voluta, amata come cifra dell'umano, indagata nello scacco di chi, in un paese straniero, si ritrova nell'impotenza dei bambini prima di imparare il nome delle cose, che piangono senza poter dire di cosa hanno paura o cosa li fa soffrire. Per Diamante la parola è una ricerca affannosa; per Vita è un talento, insieme a quella che si potrebbe maldestramente chiamare disobbedienza, ma che invece è obbedienza a una regola interiore, come la necessità del canto per un uccello.
L'America di Vita è una sospensione, un viaggio iniziatico, un miraggio, e non a caso l'autrice mette a esergo del libro una citazione di Alain Resnais tratta da Mon oncle d'Amerique: "L'America non esiste. Io lo so perché ci sono stato". L'America è fatta di strade numerate, e non l'alfabeto ma l'abaco è la chiave di New York. Più i numeri delle strade scendono, meno contano, e chi abita nelle strade coi numeri bassi vale zero. L'America è un vuoto dove tutto può accadere. Durante una prima irruzione, mai più ripetuta, nel cuore della città, Vita e Diamante vedono il volto gigantesco di una donna stampato su un cartellone che, dalla parete di un edificio, sembra guardarli. Sfoggia un sorriso rosso e denti perfetti, bianchissimi. "Cos'è? Che dice?" chiede Vita, che non sa leggere. "Dice LET'S SMILE, WOMEN, BUY LIPSTICK KISSPROOF 1.99". Diamante, al quale il senso della scritta resta inaccessibile, spara l'ennesima bugia. C'è un cavadenti dietro il cartellone. E' bravo e non fa male con le pinze, per quello la donna sorride. Vita scrolla le spalle, delusa, eppure quel sorriso la cattura. Le donne di Tufo non avevano tutti quei denti, spesso gliene mancava uno, o più d'uno, o anche tutti, e forse per questo non sorridevano mai. Ma in America le donne sono tutte alte, e bionde, sorridono felici. Forse, pensa, sotto il sole americano da grande diventerò anch'io come loro.
Nonostante il racconto di sopraffazioni, di umiliazioni e di patimenti, ci si ritrova spesso, nella lettura del libro, con un sorriso aleggiante sul volto, perché Vita fa sorridere come fa sorridere la vita quando è afferrata per un lembo, quando per un istante viene mostrata nella sua meravigliosa, miserevole necessità di essere, in bilico tra le bassezze della sopravvivenza e lo slancio del sogno. Mazzucco accosta la figura del nonno al Chaplin di Charlot emigrante, distribuito in Italia nel 1917. "Quella storia lo faceva ridere e lo commuoveva. Non so se rivedeva in quell'omino se stesso - e se quella storia, che in fondo per Chaplin era autobiografica, gli sembrava anche la sua. Comunque, varie volte, negli anni Trenta, portò suo figlio Roberto a vederla - e anche mio padre, come poi avrei fatto io, non gli chiese mai perché. Ma Roberto non aveva capito perché mai, mentre la platea sussultava, squassata dalle risa, suo padre restava immobile, pietrificato nell'oscurità, lo sguardo fisso sullo schermo".
gaietta2710- Tenente Colombo
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Numero di messaggi : 10548
09.09.82
Età : 42
Località : trento
Occupazione/Hobby : cameriera - studentessa
"Chi sei" in poche parole : felicemente mamma
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Re: VITA - MELANIA G MAZZUCCO
è un romanzo che inevitabilmente ti coinvolge. La sua lettura ti immerge in una realtà così lontana, ma anche vicina e palpabile(gli extracomunitari che invadono le nostre città), ricca di desolazione, miseria, crudeltà.. in cui tante vite lottano per ritagliarsi ugualmente e rubare alla sorte un piccolo spazio di felicità. Storie di emigranti.. persone che vivono costantemente la nostalgia del distacco e affrontano con sparute speranze o malcelata rassegnazione il presente che la terra, che li ospita, offre loro..
gaietta2710- Tenente Colombo
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