tante storie per riflettere
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Re: tante storie per riflettere
La Follia decise di invitare i suoi amici a prendere un caffè da lei. Dopo il caffè, la Follia propose: "Si gioca a nascondino?".
"Nascondino? Che cos'è?" - domandò la Curiosità.
"Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete. Quando avrò terminato di contare, cercherò e il primo che troverò sarà il prossimo a contare".
Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia.
"1,2,3. - la Follia cominciò a contare.
La fretta si nascose per prima, dove le capitò.
La Timidezza, timida come sempre, si nascose in un gruppo d'alberi.
La Gioia corse in mezzo al giardino.
La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo adatto per nascondersi.
L'Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro un sasso.
La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.
La Disperazione era disperata vedendo che la Follia era già a novantanove.
"CENT! - gridò la Follia - Comincerò a cercare.
La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto. Guardando da una parte, la Follia vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato si sarebbe meglio nascosto. E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza. Quando tutti erano riuniti, la Curiosità domandò:
"Dov'è l'Amore?".
Nessuno l'aveva visto. La Follia cominciò a cercarlo. Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi sotto le rocce. Ma non trovò l'Amore. Cercando da tutte le parti, la Follia vide un rosaio, prese un pezzo di legno e cominciò cercare tra i rami, allorché ad un tratto sentì un grido. Era l'Amore, che gridava perché una spina gli aveva forato un occhio. La Follia non sapeva che cosa fare. Si scusò, implorò l'Amore per avere il suo perdono e arrivò fino a promettergli di seguirlo per sempre.
L'Amore accettò le scuse.
Oggi, l'Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.
Cinzia71- Adulto/Adulta
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11.10.71
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"Chi sei" in poche parole : sono una donna che ha sempre lottato
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Re: tante storie per riflettere
C'era una volta un ragazzo nato con una grave malattia. Una malattia di cui non si conosceva la cura. Aveva 17 anni, ma poteva morire in qualsiasi momento. Visse sempre in casa sua, con l'assistenza di sua madre. Stanco di stare in casa, decise di uscire almeno una volta. Chiese il permesso a sua madre. Lei accettò.
Camminando nel suo quartiere vide diversi negozi. Passando per un negozio di musica, guardando dalla vetrina, notò la presenza di una tenera ragazza della sua età.
Fu amore a prima vista.
Aprì la porta ed entrò guardando nient'altro che la ragazza. Avvicinandosi poco a poco, arrivò al bancone dove c'era la ragazza. Lei lo guardò e gli disse sorridente: "Posso aiutarti?"
Nel frattempo egli pensava che era il sorriso più bello che avesse mai visto nella sua vita. Nello stesso istante sentì il desiderio di baciarla.
Balbettando le disse: "Si, eeehhhmmm, uuuhhh...mi piacerebbe comprare un CD".
Senza pensarci, prese il primo che vide e le diede i soldi.
"Vuoi che te lo impacchetti?" - Chiese la ragazza sorridendo di nuovo.
Egli rispose di si annuendo; lei andò nel magazzino, tornò con il pacchetto e glielo consegnò. Lui lo prese ed uscì dal negozio.
Tornò a casa e da quel giorno in poi andò al negozio ogni giorno per comprare un cd. Faceva fare il pacchetto sempre alla ragazza e poi tornava a casa per riporlo nell'armadio.
Egli era molto timido per invitarla ad uscire e nonostante provasse non ci riusciva. Sua madre si interessò alla situazione e lo spronò a tentare, così egli il giorno seguente si armò di coraggio e si diresse al negozio. Come tutti i giorni comprò un altro cd e come sempre lei gli fece una confezione. Lui prese il cd e, in un momento in cui la ragazza era distratta, posò rapidamente un foglietto con il suo numero di telefono sul bancone; dopodichè uscì di corsa dal negozio.
Driiiiin !!! Sua madre rispose al telefono:
"Pronto?", era la ragazza che chiedeva di suo figlio;
la madre afflitta cominciò a piangere mentre diceva:
"Non lo sai?...è morto ieri".
Ci fu un silenzio prolungato interrotto dai lamenti della madre. Più tardi la madre entrò nella stanza del figlio per ricordarlo. Decise di iniziare dal guaradare tra la sua roba. Aprì l'armadio. Con sorpresa si trovò di fronte ad una montagna di cd impacchettati. Non ce ne era nemmeno uno aperto. Le procurò una curiosità vederne tanti che non resistette: ne prese uno e si sedette sul letto per guardarlo; facendo ciò, un biglietto uscì dal pacchettino di plastica.. La madre lo raccolse per leggerlo, diceva:
"Ciao!!! Sei bellissimo! Ti andrebbe di uscire con me? TVB...Sofia."
La madre emozionata ne aprì altri e trovò altri bigliettini: tutti dicevano la stessa cosa.
Morale: Questa è la vita, non aspettare troppo per dire a qualcuno di speciale quello che senti. Dillo oggi stesso. Domani potrebbe essere troppo tardi.
Camminando nel suo quartiere vide diversi negozi. Passando per un negozio di musica, guardando dalla vetrina, notò la presenza di una tenera ragazza della sua età.
Fu amore a prima vista.
Aprì la porta ed entrò guardando nient'altro che la ragazza. Avvicinandosi poco a poco, arrivò al bancone dove c'era la ragazza. Lei lo guardò e gli disse sorridente: "Posso aiutarti?"
Nel frattempo egli pensava che era il sorriso più bello che avesse mai visto nella sua vita. Nello stesso istante sentì il desiderio di baciarla.
Balbettando le disse: "Si, eeehhhmmm, uuuhhh...mi piacerebbe comprare un CD".
Senza pensarci, prese il primo che vide e le diede i soldi.
"Vuoi che te lo impacchetti?" - Chiese la ragazza sorridendo di nuovo.
Egli rispose di si annuendo; lei andò nel magazzino, tornò con il pacchetto e glielo consegnò. Lui lo prese ed uscì dal negozio.
Tornò a casa e da quel giorno in poi andò al negozio ogni giorno per comprare un cd. Faceva fare il pacchetto sempre alla ragazza e poi tornava a casa per riporlo nell'armadio.
Egli era molto timido per invitarla ad uscire e nonostante provasse non ci riusciva. Sua madre si interessò alla situazione e lo spronò a tentare, così egli il giorno seguente si armò di coraggio e si diresse al negozio. Come tutti i giorni comprò un altro cd e come sempre lei gli fece una confezione. Lui prese il cd e, in un momento in cui la ragazza era distratta, posò rapidamente un foglietto con il suo numero di telefono sul bancone; dopodichè uscì di corsa dal negozio.
Driiiiin !!! Sua madre rispose al telefono:
"Pronto?", era la ragazza che chiedeva di suo figlio;
la madre afflitta cominciò a piangere mentre diceva:
"Non lo sai?...è morto ieri".
Ci fu un silenzio prolungato interrotto dai lamenti della madre. Più tardi la madre entrò nella stanza del figlio per ricordarlo. Decise di iniziare dal guaradare tra la sua roba. Aprì l'armadio. Con sorpresa si trovò di fronte ad una montagna di cd impacchettati. Non ce ne era nemmeno uno aperto. Le procurò una curiosità vederne tanti che non resistette: ne prese uno e si sedette sul letto per guardarlo; facendo ciò, un biglietto uscì dal pacchettino di plastica.. La madre lo raccolse per leggerlo, diceva:
"Ciao!!! Sei bellissimo! Ti andrebbe di uscire con me? TVB...Sofia."
La madre emozionata ne aprì altri e trovò altri bigliettini: tutti dicevano la stessa cosa.
Morale: Questa è la vita, non aspettare troppo per dire a qualcuno di speciale quello che senti. Dillo oggi stesso. Domani potrebbe essere troppo tardi.
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Data d'iscrizione : 15.12.11
Re: tante storie per riflettere
"Mamma, sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi son ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, cosí ho bevuto una Sprite. Mi son sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici.
Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa é finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ció che mi aspettava... qualcosa di inaspettato!
Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra cosí lontana.
Il mio sangue é sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: "questa ragazza non ce la fará" Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocitá.
Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perché le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite?
Il dolore é come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, dì a papá di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva.... la mia respirazione si fa sempre piú debole e incomincio ad avere veramente paura. Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento cosí disperata.... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene. Per questo..... Ti voglio bene e....addio."
Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... scioccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza.
Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa é finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ció che mi aspettava... qualcosa di inaspettato!
Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra cosí lontana.
Il mio sangue é sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono: "questa ragazza non ce la fará" Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocitá.
Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perché le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite?
Il dolore é come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, dì a papá di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva.... la mia respirazione si fa sempre piú debole e incomincio ad avere veramente paura. Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento cosí disperata.... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene. Per questo..... Ti voglio bene e....addio."
Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... scioccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza.
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Re: tante storie per riflettere
Un mattino, un giovane andò dal Maestro e disse
"Maestro, desidero comprendere meglio il mio cammino sulla terra. Desidero sapere perché mi sembra di portarmi appresso il passato e di riviverlo ancora e ancora. Perché mai non riesco a lasciarmi il passato alle spalle?"
Il Maestro sorrise al ragazzo che sembrava la serietà personificata.
"Vai dentro al Labirinto nel giardino, ma porta con te questo zaino mentre lo percorri. Esso ti aiuterà a rimanere concentrato ed equilibrato. Fai attenzione però, perché pesa molto" disse il Maestro.
Il giovane prese lo zaino dal Maestro, che glielo porse con facilità. Ma quando lo ebbe stretto fra le mani, rimase sorpreso di quanto fosse pesante, in realtà!
Infilando le braccia nelle bretelle e piegandosi in avanti a causa del puro peso dello zaino, egli si incamminò verso il Labirinto. Fu sorpreso di vedere che non era un labirinto fatto di piante, ma che era formato da pannelli di seta che erano quasi trasparenti. Il ragazzo fece una pausa prima di entrare nel labirinto e poi si raddrizzò ed entrò.
Immediatamente si trovò di fronte una consistente parete di seta. Tuttavia, attraverso la seta, egli riusciva a vedere a sufficienza altre aree del labirinto da riuscire a distinguere altri che erano lì nello stesso momento. Egli riusciva a "vederli" e a udirli, ma non facevano parte del suo percorso.
Il peso sulle sue spalle gli ricordò del perché fosse lì, quindi si tolse dalla testa il pensiero degli altri. Andando avanti egli si trovò intrappolato senza speranza. Sembrava che in qualunque direzione andasse, non c'era modo di proseguire. Smarrito il ragazzo si sedette a terra e valutò la propria situazione.
Il Maestro mi ha detto di percorrere il labirinto, ma sembra non si possa percorrere. Eppure ci sono altri che sono evidentemente più avanti di me. Devono avere escogitato un modo per oltrepassare questa sezione. Come hanno fatto? Sono più furbi di me? Hanno barato? Si sono infilati sotto la seta, perché sarebbe davvero facile e chi mai se ne accorgerebbe?
Il giovane soppesò le alternative, poi si alzò, decidendo di non scivolare sotto la seta. Come si alzò e si girò, gli apparve di fronte un'apertura, come per magia ed egli proseguì. Ben presto si trovò davanti un'altra serie di solidi pannelli di seta in cui non riusciva a vedere aperture né in che direzione dirigersi, se non quella da cui era arrivato. Di nuovo si sedette e pensò alla situazione.
Sentiva di aver superato il primo test, riflettendo sulle sue possibilità e scegliendo quella che era per il suo bene più alto. Ripetendo di nuovo l'affermazione che desiderava percorrere il labirinto solo con intento positivo egli si alzò, aspettandosi l'apertura. Ma non ce n'erano. Aveva ancora davanti una vuota serie di pannelli. Il giovane rimase stupito. Aveva sentito che sarebbe stato di certo ricompensato come prima per il suo desiderio di procedere solo nel suo bene più alto.
Il peso dello zaino gli tagliava le spalle, e lo riportò bruscamente alla realtà. Cos'era che pesava così tanto? Che cosa ci aveva messo dentro il Maestro per appesantirlo? Rocce? Mattoni? Al tatto non sembrava duro e spietato come quelli; era morbido, eppure pesante. Che cosa mai poteva essere soffice e cedevole e tuttavia abbastanza pesante da gravarlo così tanto?
Sfilandosi lo zaino dalle spalle, egli lo aprì e sbirciò all'interno. Il Maestro non gli aveva detto di non guardare, si disse. Era VUOTO! Eppure pesava! Come mai? Egli si meravigliò. Risollevandolo sentì di nuovo quanto fosse pesante; eppure era vuoto! Di nuovo egli guardò dentro e questa volta lo tastò con le mani. Vuoto! Ma il peso! Mettendolo sulle spalle, egli si alzò e si chiese che cosa avesse appena imparato da questa esperienza. Udì chiaramente una voce che diceva
"Guarda dentro di te, giovane uomo, poiché il peso è lì" gli fu detto.
Camminando egli osservò la sua vita e il suo cammino. Pensò all'infanzia e agli amici e nemici che lo avevano ferito. Pensò a come era rimasto attaccato ai loro sentimenti nei suoi confronti, ai loro atteggiamenti verso di lui. Ricordò quanto era arrabbiato, in particolare con un ragazzo che lo aveva tormentato senza pietà. Ancora oggi il giovane odiava quel ragazzo. Lo zaino diventava sempre più leggero man mano che lo studente ricreava e riviveva l'esperienza nella sua mente e nel suo cuore.
Ahhh! Adesso capisco. Porto il peso del mio fardello. Sono io il peso! Quindi sta in me anche il potermi sgravare.
Lo studente gioì di questa illuminazione e allora vide e imboccò la strada attraverso vari pannelli di seta. Pensava a come poter scaricare il peso di coloro che ancora disprezzava e verso cui provava risentimento per come lo avevano trattato. Sapeva che essi non erano con lui dentro al labirinto, quindi non poteva aspettarsi che essi dicessero "Mi dispiace", diminuendo così il peso e permettendogli di proseguire facilmente.
Vi perdono ovunque voi siate, si trovò a dire, con sua stessa sorpresa. Il peso dello zaino diminuì immediatamente ed egli fu in grado di camminare senza piegare il busto in avanti.
Ah ha! Esclamò il ragazzo. Tramite la mia intenzione di perdonare, mi sgravo di questo peso che rallenta il mio viaggio. Ma come può essere? Sono stati loro a ferire me. Eppure il fatto che io perdoni loro mi toglie il peso?
La mente del ragazzo era un turbinio di implicazioni. E, davanti a lui, apparve un'altra serie di aperture nei pannelli di seta. Il suo zaino era considerevolmente più leggero, ma pesava ancora abbastanza perché la sua mente vi rimanesse concentrata.
Oh, Grande Spirito, ti chiedo di aiutarmi a vedere che cosa mi stai mostrando qui. Come trovo la mia strada in questo labirinto?
Come mi libero di tutto il peso che porto con me?
Fu in quel momento che un raggio di sole lo colpì in pieno viso, riscaldandolo. Egli si rese conto all'improvviso che il suo zaino si era alleggerito ancora con il calore del sole! Che cosa significa, Dio? Perché alleggerisci il mio zaino con la luce del sole? Che cosa mi stai mostrando?
Fu allora che si scoprì a ricordare una "donna" che aveva baciato a tredici anni. Era stato il suo primo bacio da adulto e la ricordava chiaramente. Il suo cuore aumentò i battiti con il ricordo del sapore di lei sulle sue labbra e del proprio amore per lei.
Questa volta il suo zaino si alleggerì parecchio. Grazie Dio per la tua notevole saggezza in questo. Ora vedo come posso liberarmi completamente del peso. È con il mio amare E con il mio perdonare coloro che sono stati sulla mia strada e che mi hanno fatto torti in precedenza. Non è il loro avermi fatto torto che mi ha rallentato. È stato il mio attaccamento a quei torti che mi ha fermato. Vedendomi come uno cui è stato fatto un torto, non riuscivo a procedere nel labirinto. E vedendomi come uno senza amore, non riuscivo a diminuire il peso dello zaino.
Perdonando e portando amore dentro di me, rendo più facile il mio viaggio.
Il giovane uomo sentì il suo cuore aumentare di dimensione mentre percepiva queste illuminazioni. Sentì il proprio cuore battere forte dalla gioia, perché esso sapeva che la sua lezione per il ragazzo era stata ascoltata. Ora lo zaino non pesava niente e il giovane se lo sfilò e lo tenne in mano con leggerezza.
Ora si trovava in piedi davanti ad una compatta parete di seta e non vedeva né un'apertura né la strada da cui era appena arrivato. Era circondato da seta compatta! Tuttavia, invece di cedere al panico, sedette e inspirò questo mantra:
"Io Sono la Luce e la Via. Porto in me ogni sorta di guarigione e conoscenza. È attraverso questa guarigione e conoscenza che mi faccio strada in questo labirinto terreno. Sono in grado di procedere in questo labirinto e sono capace di Liberarmi dalla mia trappola. Io solo ho l'abilità di risolvere questo indovinello. E ora chiedo che ciò sia fatto. Io inspiro la piena accettazione del mio sentiero e delle sue possibilità. Riconosco che io ero l'impedimento, nessun'altra persona o cosa. Io sono LUCE e sono AMORE. Pertanto questo mi libera e mi permette di librarmi al di sopra del regno fisico. In questo ri-scopro me stesso, che è il mio Vero Sé. Grazie Grande Spirito per avermi aiutato a vedere tutto questo."
A questo punto, il giovane sentì i piedi che si sollevavano leggermente da terra! Egli fluttuò al di sopra dei pannelli di seta e poté vedere chiaramente gli altri bloccati all'interno del labirinto. Le loro oscurità erano trasportate in giro dentro i loro stessi zaini e li tenevano bloccati. Gli girava la testa per le implicazioni di ciò che gli stava capitando in quel momento. Però egli non si concentrò su quello, ma sul fatto che stava volando! Si librava in aria! Era al di sopra della terra con la propria leggerezza! Era fuori dal Labirinto! Spiando il terreno intorno al labirinto, egli pensò di essere là, all'esterno del labirinto. E di colpo lo fu. Pensandolo e vedendolo, si verificò.
Il Maestro fu al suo fianco appena ridiscese.
Maestro, grazie per avermi messo il peso sulle spalle così severamente. Se non fosse stato così pesante lo avrei trasportato serenamente molto a lungo, perché esso non mi avrebbe rallentato tanto. Ma, poiché mi pesava così tanto, ho dovuto liberarmi del peso prima di poter fare qualunque altra cosa.
In che modo ti sei liberato del tuo peso, figliolo? Domandò il Maestro.
Mi sono trovato a perdonare coloro che mi avevano fatto torto, Maestro. Era il mio dolore in risposta alle loro azioni che mi faceva rimanere attaccato al dolore dentro di me. Quando l'ho lasciato andare, Maestro, l'ho guardato librarsi lontano da me e mi sono sentito sempre più leggero.
Il viso dello studente risplendeva d'amore, mentre parlava.
Ah, disse il Maestro, e cosa mi dici del labirinto, che è impossibile da attraversare, visto che non c'è 'uscita?
Oh, Maestro, è successa una cosa bellissima. Ho cominciato a volare dopo aver perso il peso. Mi sono visto come luce e amore quando ho trovato in me il perdonare e il dimenticare coloro che mi avevano ferito, che mi avevano fatto torto. Era la mia oscurità che generava il mio peso ed era la mia luminosità che mi ha reso libero di volare! ESSENDO luce e amore, fluttuavo e mi sono trovato fuori dal labirinto. Ero libero dai suoi confini, al di sopra dei suoi trabocchetti. Maestro, ora vedo che sono io la causa del peso che mi trattiene, che mi ha tenuto intrappolato in passato, che io solo sono responsabile per il modo in cui affronto questo labirinto. Rilasciando quei pensieri che mi intrappolavano, quei pensieri che mi appesantivano, e permettendo a me stesso di sentire l'amore e la luce, mi sono sollevato sopra tutto quanto! Ho fatto male a uscire dal labirinto in questo modo, Maestro?
Il giovane era la serietà in persona, mentre attendeva la risposta del Maestro.
Che cosa senti TU, ragazzo? Rispose il Maestro con un sorriso. TU ti senti libero dal Labirinto?
Con questo il Maestro si allontanò, prima di aver udito la risposta del ragazzo. Egli sapeva che qualunque fosse la risposta del giovane, gli avrebbe fornito ulteriore illuminazione riguardo al suo viaggio. Ed è così che doveva essere.
"Maestro, desidero comprendere meglio il mio cammino sulla terra. Desidero sapere perché mi sembra di portarmi appresso il passato e di riviverlo ancora e ancora. Perché mai non riesco a lasciarmi il passato alle spalle?"
Il Maestro sorrise al ragazzo che sembrava la serietà personificata.
"Vai dentro al Labirinto nel giardino, ma porta con te questo zaino mentre lo percorri. Esso ti aiuterà a rimanere concentrato ed equilibrato. Fai attenzione però, perché pesa molto" disse il Maestro.
Il giovane prese lo zaino dal Maestro, che glielo porse con facilità. Ma quando lo ebbe stretto fra le mani, rimase sorpreso di quanto fosse pesante, in realtà!
Infilando le braccia nelle bretelle e piegandosi in avanti a causa del puro peso dello zaino, egli si incamminò verso il Labirinto. Fu sorpreso di vedere che non era un labirinto fatto di piante, ma che era formato da pannelli di seta che erano quasi trasparenti. Il ragazzo fece una pausa prima di entrare nel labirinto e poi si raddrizzò ed entrò.
Immediatamente si trovò di fronte una consistente parete di seta. Tuttavia, attraverso la seta, egli riusciva a vedere a sufficienza altre aree del labirinto da riuscire a distinguere altri che erano lì nello stesso momento. Egli riusciva a "vederli" e a udirli, ma non facevano parte del suo percorso.
Il peso sulle sue spalle gli ricordò del perché fosse lì, quindi si tolse dalla testa il pensiero degli altri. Andando avanti egli si trovò intrappolato senza speranza. Sembrava che in qualunque direzione andasse, non c'era modo di proseguire. Smarrito il ragazzo si sedette a terra e valutò la propria situazione.
Il Maestro mi ha detto di percorrere il labirinto, ma sembra non si possa percorrere. Eppure ci sono altri che sono evidentemente più avanti di me. Devono avere escogitato un modo per oltrepassare questa sezione. Come hanno fatto? Sono più furbi di me? Hanno barato? Si sono infilati sotto la seta, perché sarebbe davvero facile e chi mai se ne accorgerebbe?
Il giovane soppesò le alternative, poi si alzò, decidendo di non scivolare sotto la seta. Come si alzò e si girò, gli apparve di fronte un'apertura, come per magia ed egli proseguì. Ben presto si trovò davanti un'altra serie di solidi pannelli di seta in cui non riusciva a vedere aperture né in che direzione dirigersi, se non quella da cui era arrivato. Di nuovo si sedette e pensò alla situazione.
Sentiva di aver superato il primo test, riflettendo sulle sue possibilità e scegliendo quella che era per il suo bene più alto. Ripetendo di nuovo l'affermazione che desiderava percorrere il labirinto solo con intento positivo egli si alzò, aspettandosi l'apertura. Ma non ce n'erano. Aveva ancora davanti una vuota serie di pannelli. Il giovane rimase stupito. Aveva sentito che sarebbe stato di certo ricompensato come prima per il suo desiderio di procedere solo nel suo bene più alto.
Il peso dello zaino gli tagliava le spalle, e lo riportò bruscamente alla realtà. Cos'era che pesava così tanto? Che cosa ci aveva messo dentro il Maestro per appesantirlo? Rocce? Mattoni? Al tatto non sembrava duro e spietato come quelli; era morbido, eppure pesante. Che cosa mai poteva essere soffice e cedevole e tuttavia abbastanza pesante da gravarlo così tanto?
Sfilandosi lo zaino dalle spalle, egli lo aprì e sbirciò all'interno. Il Maestro non gli aveva detto di non guardare, si disse. Era VUOTO! Eppure pesava! Come mai? Egli si meravigliò. Risollevandolo sentì di nuovo quanto fosse pesante; eppure era vuoto! Di nuovo egli guardò dentro e questa volta lo tastò con le mani. Vuoto! Ma il peso! Mettendolo sulle spalle, egli si alzò e si chiese che cosa avesse appena imparato da questa esperienza. Udì chiaramente una voce che diceva
"Guarda dentro di te, giovane uomo, poiché il peso è lì" gli fu detto.
Camminando egli osservò la sua vita e il suo cammino. Pensò all'infanzia e agli amici e nemici che lo avevano ferito. Pensò a come era rimasto attaccato ai loro sentimenti nei suoi confronti, ai loro atteggiamenti verso di lui. Ricordò quanto era arrabbiato, in particolare con un ragazzo che lo aveva tormentato senza pietà. Ancora oggi il giovane odiava quel ragazzo. Lo zaino diventava sempre più leggero man mano che lo studente ricreava e riviveva l'esperienza nella sua mente e nel suo cuore.
Ahhh! Adesso capisco. Porto il peso del mio fardello. Sono io il peso! Quindi sta in me anche il potermi sgravare.
Lo studente gioì di questa illuminazione e allora vide e imboccò la strada attraverso vari pannelli di seta. Pensava a come poter scaricare il peso di coloro che ancora disprezzava e verso cui provava risentimento per come lo avevano trattato. Sapeva che essi non erano con lui dentro al labirinto, quindi non poteva aspettarsi che essi dicessero "Mi dispiace", diminuendo così il peso e permettendogli di proseguire facilmente.
Vi perdono ovunque voi siate, si trovò a dire, con sua stessa sorpresa. Il peso dello zaino diminuì immediatamente ed egli fu in grado di camminare senza piegare il busto in avanti.
Ah ha! Esclamò il ragazzo. Tramite la mia intenzione di perdonare, mi sgravo di questo peso che rallenta il mio viaggio. Ma come può essere? Sono stati loro a ferire me. Eppure il fatto che io perdoni loro mi toglie il peso?
La mente del ragazzo era un turbinio di implicazioni. E, davanti a lui, apparve un'altra serie di aperture nei pannelli di seta. Il suo zaino era considerevolmente più leggero, ma pesava ancora abbastanza perché la sua mente vi rimanesse concentrata.
Oh, Grande Spirito, ti chiedo di aiutarmi a vedere che cosa mi stai mostrando qui. Come trovo la mia strada in questo labirinto?
Come mi libero di tutto il peso che porto con me?
Fu in quel momento che un raggio di sole lo colpì in pieno viso, riscaldandolo. Egli si rese conto all'improvviso che il suo zaino si era alleggerito ancora con il calore del sole! Che cosa significa, Dio? Perché alleggerisci il mio zaino con la luce del sole? Che cosa mi stai mostrando?
Fu allora che si scoprì a ricordare una "donna" che aveva baciato a tredici anni. Era stato il suo primo bacio da adulto e la ricordava chiaramente. Il suo cuore aumentò i battiti con il ricordo del sapore di lei sulle sue labbra e del proprio amore per lei.
Questa volta il suo zaino si alleggerì parecchio. Grazie Dio per la tua notevole saggezza in questo. Ora vedo come posso liberarmi completamente del peso. È con il mio amare E con il mio perdonare coloro che sono stati sulla mia strada e che mi hanno fatto torti in precedenza. Non è il loro avermi fatto torto che mi ha rallentato. È stato il mio attaccamento a quei torti che mi ha fermato. Vedendomi come uno cui è stato fatto un torto, non riuscivo a procedere nel labirinto. E vedendomi come uno senza amore, non riuscivo a diminuire il peso dello zaino.
Perdonando e portando amore dentro di me, rendo più facile il mio viaggio.
Il giovane uomo sentì il suo cuore aumentare di dimensione mentre percepiva queste illuminazioni. Sentì il proprio cuore battere forte dalla gioia, perché esso sapeva che la sua lezione per il ragazzo era stata ascoltata. Ora lo zaino non pesava niente e il giovane se lo sfilò e lo tenne in mano con leggerezza.
Ora si trovava in piedi davanti ad una compatta parete di seta e non vedeva né un'apertura né la strada da cui era appena arrivato. Era circondato da seta compatta! Tuttavia, invece di cedere al panico, sedette e inspirò questo mantra:
"Io Sono la Luce e la Via. Porto in me ogni sorta di guarigione e conoscenza. È attraverso questa guarigione e conoscenza che mi faccio strada in questo labirinto terreno. Sono in grado di procedere in questo labirinto e sono capace di Liberarmi dalla mia trappola. Io solo ho l'abilità di risolvere questo indovinello. E ora chiedo che ciò sia fatto. Io inspiro la piena accettazione del mio sentiero e delle sue possibilità. Riconosco che io ero l'impedimento, nessun'altra persona o cosa. Io sono LUCE e sono AMORE. Pertanto questo mi libera e mi permette di librarmi al di sopra del regno fisico. In questo ri-scopro me stesso, che è il mio Vero Sé. Grazie Grande Spirito per avermi aiutato a vedere tutto questo."
A questo punto, il giovane sentì i piedi che si sollevavano leggermente da terra! Egli fluttuò al di sopra dei pannelli di seta e poté vedere chiaramente gli altri bloccati all'interno del labirinto. Le loro oscurità erano trasportate in giro dentro i loro stessi zaini e li tenevano bloccati. Gli girava la testa per le implicazioni di ciò che gli stava capitando in quel momento. Però egli non si concentrò su quello, ma sul fatto che stava volando! Si librava in aria! Era al di sopra della terra con la propria leggerezza! Era fuori dal Labirinto! Spiando il terreno intorno al labirinto, egli pensò di essere là, all'esterno del labirinto. E di colpo lo fu. Pensandolo e vedendolo, si verificò.
Il Maestro fu al suo fianco appena ridiscese.
Maestro, grazie per avermi messo il peso sulle spalle così severamente. Se non fosse stato così pesante lo avrei trasportato serenamente molto a lungo, perché esso non mi avrebbe rallentato tanto. Ma, poiché mi pesava così tanto, ho dovuto liberarmi del peso prima di poter fare qualunque altra cosa.
In che modo ti sei liberato del tuo peso, figliolo? Domandò il Maestro.
Mi sono trovato a perdonare coloro che mi avevano fatto torto, Maestro. Era il mio dolore in risposta alle loro azioni che mi faceva rimanere attaccato al dolore dentro di me. Quando l'ho lasciato andare, Maestro, l'ho guardato librarsi lontano da me e mi sono sentito sempre più leggero.
Il viso dello studente risplendeva d'amore, mentre parlava.
Ah, disse il Maestro, e cosa mi dici del labirinto, che è impossibile da attraversare, visto che non c'è 'uscita?
Oh, Maestro, è successa una cosa bellissima. Ho cominciato a volare dopo aver perso il peso. Mi sono visto come luce e amore quando ho trovato in me il perdonare e il dimenticare coloro che mi avevano ferito, che mi avevano fatto torto. Era la mia oscurità che generava il mio peso ed era la mia luminosità che mi ha reso libero di volare! ESSENDO luce e amore, fluttuavo e mi sono trovato fuori dal labirinto. Ero libero dai suoi confini, al di sopra dei suoi trabocchetti. Maestro, ora vedo che sono io la causa del peso che mi trattiene, che mi ha tenuto intrappolato in passato, che io solo sono responsabile per il modo in cui affronto questo labirinto. Rilasciando quei pensieri che mi intrappolavano, quei pensieri che mi appesantivano, e permettendo a me stesso di sentire l'amore e la luce, mi sono sollevato sopra tutto quanto! Ho fatto male a uscire dal labirinto in questo modo, Maestro?
Il giovane era la serietà in persona, mentre attendeva la risposta del Maestro.
Che cosa senti TU, ragazzo? Rispose il Maestro con un sorriso. TU ti senti libero dal Labirinto?
Con questo il Maestro si allontanò, prima di aver udito la risposta del ragazzo. Egli sapeva che qualunque fosse la risposta del giovane, gli avrebbe fornito ulteriore illuminazione riguardo al suo viaggio. Ed è così che doveva essere.
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Re: tante storie per riflettere
sono proprio tante queste storie, ne leggerò una alla volta e poi ti scrivo cosa ho capito di ciascuna, Ciao e grazie intanto :)
Maggie50- Nonna Belarda/Nonno Geppo
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Re: tante storie per riflettere
In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti.
Avevano trovato due grotte che si spalancavano vicine, una di fronte all'altra.
Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione.
L'altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente.
Si fermava a conversare con i rari pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi e coloro che fuggivano.
"Tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera" pensava il primo eremita, che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell'altro.
Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all'imboccatura della propria grotta ogni volta che l'altro commetteva una colpa.
Dopo qualche mese davanti alla grotta c'era un muro di pietre grigio e soffocante.
E lui era murato dentro.
Talvolta intorno al cuore costruiamo dei muri, con le piccole pietre quotidiane dei risentimenti, delle ripicche, dei silenzi, delle questioni irrisolte,delle imbronciature...
Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E soprattutto cercare di non diventare "una pietra in più nei muri degli altri".
da: " A volte basta un raggio di sole" di B. Ferrero
Avevano trovato due grotte che si spalancavano vicine, una di fronte all'altra.
Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione.
L'altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente.
Si fermava a conversare con i rari pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi e coloro che fuggivano.
"Tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera" pensava il primo eremita, che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell'altro.
Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all'imboccatura della propria grotta ogni volta che l'altro commetteva una colpa.
Dopo qualche mese davanti alla grotta c'era un muro di pietre grigio e soffocante.
E lui era murato dentro.
Talvolta intorno al cuore costruiamo dei muri, con le piccole pietre quotidiane dei risentimenti, delle ripicche, dei silenzi, delle questioni irrisolte,delle imbronciature...
Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E soprattutto cercare di non diventare "una pietra in più nei muri degli altri".
da: " A volte basta un raggio di sole" di B. Ferrero
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Re: tante storie per riflettere
E crescendo impari che la felicità non e' quella delle grandi cose.
La felicità non e' quella che affannosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente,... non e' quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari..., la felicità non e' quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità e' fatta di cose piccole ma preziose.
...e impari che il profumo del caffè al mattino e' un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve, ...e impari che la felicità e' fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allagano il cuore..., impari che il mare può aprirti il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il Sole fare brillare gli occhi,... e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri, ... e impari che l'amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane... e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore... e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami... e impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccoli attimi felici ...e impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi ... e impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità... e impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami...e impari che c'e' felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuo pensieri, che c'e' qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia, ... e impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c'e' nel cuore un piccolo-grande Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
La felicità non e' quella che affannosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente,... non e' quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari..., la felicità non e' quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità e' fatta di cose piccole ma preziose.
...e impari che il profumo del caffè al mattino e' un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve, ...e impari che la felicità e' fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allagano il cuore..., impari che il mare può aprirti il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il Sole fare brillare gli occhi,... e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri, ... e impari che l'amore è fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane... e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore... e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami... e impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccoli attimi felici ...e impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi ... e impari che tenere in braccio un bimbo è una deliziosa felicità... e impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami...e impari che c'e' felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuo pensieri, che c'e' qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia, ... e impari che nonostante le tue difese, nonostante il tuo volere o il tuo destino, in ogni gabbiano che vola c'e' nel cuore un piccolo-grande Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
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Re: tante storie per riflettere
Un giorno, a un luminare della medicina venne chiesto quale fosse la più grave malattia del secolo.
I presenti si aspettavano che dicesse il cancro o l'infarto.
Grande fu lo stupore generale quando lo scienziato rispose: "L'indifferenza!"
Tutti allora si guardarono negli occhi e ognuno si accorse di essere gravemente ammalato.
Infine gli domandarono quale ne fosse la cura.
E lo scienziato disse: "Accorgersene! "
I presenti si aspettavano che dicesse il cancro o l'infarto.
Grande fu lo stupore generale quando lo scienziato rispose: "L'indifferenza!"
Tutti allora si guardarono negli occhi e ognuno si accorse di essere gravemente ammalato.
Infine gli domandarono quale ne fosse la cura.
E lo scienziato disse: "Accorgersene! "
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Re: tante storie per riflettere
Una farfalla volava instancabile tra i fiori, quando d'un tratto un pianto sommesso la fece sobbalzare. «Che fatto insolito, pensò, in un giardino», e impaurita si spezzò le ali andando a urtare contro un alberello. «Ah, che mai sarà di me adesso! Non volerò più... morirò di tristezza!». E mentre così si lamentava, si ricordò del pianto appena udito e chiese al vento: «Chi piangeva prima di me?».
«Io, stelo nudo senza fiore; una folata di vento mi ha ridotto cosi. E a che serve uno stelo senza fiore?».
La farfalla si trascinò stancamente fino a lui.
«Non sei il solo a soffrire; con le mie ali spezzate, non volerò mai più libera nell'aria».
Lo stelo tacque e sembrò riflettere, ma tanto durava il suo silenzio, che la farfalla quasi si innervosì.
Alla fine parlò: «Insieme, possiamo aiutarci. Posati su di me, così tu porgerai le ali al vento ed io avrò di nuovo un fiore».
La farfalla si illuminò tutta di un sorriso. I passeri accorsero ad aiutarli e unirono per sempre la farfalla al verde stelo.
Da allora ci sono farfalle che volano ed altre che, trasformate in fiori, si lasciano cullare sugli steli.
***
Nessuno e perfetto; abbiamo tutti bisogno di trovare negli altri quegli aspetti che migliorano, rendono più completi, fanno felici, mettendo in comune le nostre qualità. Per quanto poco, contribuiremo ad impreziosire la storia.
«Io, stelo nudo senza fiore; una folata di vento mi ha ridotto cosi. E a che serve uno stelo senza fiore?».
La farfalla si trascinò stancamente fino a lui.
«Non sei il solo a soffrire; con le mie ali spezzate, non volerò mai più libera nell'aria».
Lo stelo tacque e sembrò riflettere, ma tanto durava il suo silenzio, che la farfalla quasi si innervosì.
Alla fine parlò: «Insieme, possiamo aiutarci. Posati su di me, così tu porgerai le ali al vento ed io avrò di nuovo un fiore».
La farfalla si illuminò tutta di un sorriso. I passeri accorsero ad aiutarli e unirono per sempre la farfalla al verde stelo.
Da allora ci sono farfalle che volano ed altre che, trasformate in fiori, si lasciano cullare sugli steli.
***
Nessuno e perfetto; abbiamo tutti bisogno di trovare negli altri quegli aspetti che migliorano, rendono più completi, fanno felici, mettendo in comune le nostre qualità. Per quanto poco, contribuiremo ad impreziosire la storia.
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Re: tante storie per riflettere
Un sorriso non costa molto. Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante
ma nel ricordo può
essere eterno.
Nessuno è così ricco
da poterne fare a meno
e nessuno così povero da
non poterlo dare. Crea felicità in casa; negli affari è sostegno; dell'amicizia profonda sensibile segno. Un sorriso dà riposo alla stanchezza. Nella tristezza è consolazione. È l'antidoto naturale di tutte le nostre pene. È un bene che non si può comprare, né prestare, né rubare, poiché ha valore solo nell'istante in cui si dona. E se poi incontrerete chi non vi dà l'atteso sorriso, siate generosi e dategli il vostro. Perché nessuno ha tanto bisogno di sorriso come colui che ad altri non sa darlo.
Non dura che un istante
ma nel ricordo può
essere eterno.
Nessuno è così ricco
da poterne fare a meno
e nessuno così povero da
non poterlo dare. Crea felicità in casa; negli affari è sostegno; dell'amicizia profonda sensibile segno. Un sorriso dà riposo alla stanchezza. Nella tristezza è consolazione. È l'antidoto naturale di tutte le nostre pene. È un bene che non si può comprare, né prestare, né rubare, poiché ha valore solo nell'istante in cui si dona. E se poi incontrerete chi non vi dà l'atteso sorriso, siate generosi e dategli il vostro. Perché nessuno ha tanto bisogno di sorriso come colui che ad altri non sa darlo.
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Re: tante storie per riflettere
Una madre e suo figlio stanno camminando sulla spiaggia.
Ad un certo punto il bambino dice: "Mamma come si fa a mantenere un’amicizia?"
La madre guarda il figlio sorridendo e poi gli dice: "Raccogli un po’di sabbia."
Il ragazzo si china e raccoglie una manciata di sabbia finissima.
La madre allora, sempre sorridendo: "Ora stringi il pugno…"
Il ragazzo stringe la mano attorno alla sabbia e vede che, più stringe, più la sabbia gli esce dalla mano.
"Mamma, la sabbia se ne scappa…"
"Lo so, caro… Ora tieni la mano completamente aperta…"
Il ragazzo ubbidisce, ma una folata di vento porta via parte della rimanente.
"Anche così non riesco a tenerla…"
E la madre, sempre sorridendo:
"Adesso raccogline un altro po’, e tienila con la mano aperta a cucchiaio…
così.. abbastanza chiusa per custodire, e abbastanza aperta per la libertà".
Il ragazzo riprova, e questa volta la sabbia non sfugge dalla mano, ed è protetta dal vento.
"Ecco come far durare un’amicizia…"
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Re: tante storie per riflettere
Molti anni fa, in Cina, vivevano due amici. Uno era molto bravo a suonare l'arpa. L'altro era dotatissimo nella rara arte di saper ascoltare.
Quando il primo suonava o cantava di una montagna, il secondo diceva: "Vedo la montagna come se l'avessimo davanti".
Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, colui che ascoltava prorompeva: "Sento scorrere l'acqua fra le pietre".
Ma un brutto giorno, quello che ascoltava si ammalò e morì.
Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più.
Esistiamo veramente se qualcuno ci ascolta. Il dono più grande che possiamo fare ad una persona e ascoltarla "veramente".
Quando il primo suonava o cantava di una montagna, il secondo diceva: "Vedo la montagna come se l'avessimo davanti".
Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, colui che ascoltava prorompeva: "Sento scorrere l'acqua fra le pietre".
Ma un brutto giorno, quello che ascoltava si ammalò e morì.
Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più.
Esistiamo veramente se qualcuno ci ascolta. Il dono più grande che possiamo fare ad una persona e ascoltarla "veramente".
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Re: tante storie per riflettere
C'era una volta un ragazzo con un brutto carattere. Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno nello steccato del giardino ogni volta che avesse perso la pazienza e litigato con qualcuno. Il primo giorno il ragazzo piantò 37 chiodi nello steccato. Nelle settimane seguenti, imparò a controllarsi e il numero di chiodi piantati nello steccato diminuì giorno per giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare i chiodi. Finalmente arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò alcun chiodo nello steccato. Allora andò dal padre e gli disse che per quel giorno non aveva piantato alcun chiodo. Il padre allora gli disse di levare un chiodo dallo steccato per ogni giorno in cui non aveva perso la pazienza e litigato con qualcuno. I giorni passarono e finalmente il ragazzo poté dire al padre che aveva levato tutti i chiodi dallo steccato. Il padre portò il ragazzo davanti allo steccato e gli disse: "Figlio mio, ti sei comportato bene ma guarda quanti buchi ci sono nello steccato. Lo steccato non sarà mai più come prima.
Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di brutto, gli lasci una ferita come queste. Puoi piantare un coltello in un uomo, e poi levarlo, ma rimarrà sempre una ferita. Non importa quante volte ti scuserai, la ferita rimarrà. " Una ferita verbale fa male quanto una fisica.
Gli amici sono gioielli rari, ti fanno sorridere e ti incoraggiano. Sono pronti ad ascoltarti quando ne hai bisogno, ti sostengono e ti aprono il loro cuore.
Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di brutto, gli lasci una ferita come queste. Puoi piantare un coltello in un uomo, e poi levarlo, ma rimarrà sempre una ferita. Non importa quante volte ti scuserai, la ferita rimarrà. " Una ferita verbale fa male quanto una fisica.
Gli amici sono gioielli rari, ti fanno sorridere e ti incoraggiano. Sono pronti ad ascoltarti quando ne hai bisogno, ti sostengono e ti aprono il loro cuore.
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Re: tante storie per riflettere
Un giorno, un giovane volle consultare un anziano su un problema che gli stava a cuore."Mio signore", gli disse, "voglio confessarti una cosa: non riesco ad avere un amico. Mi sapresti dare un consiglio?"
L'anziano sorrise e rispose:"Posso solo dirti di me. Quand'ero ragazzo fra cento ragazzi, ne ebbi uno, di amico. Fu una cosa bellissima che diede i suoi frutti e poi terminò. Quando divenni adulto fra mille adulti, ne ebbi un altro, di amico. Fu una cosa bellissima, ma l'amico morì ed anch'io mi sentii morire. Ora che sono diventato anziano fra diecimila anziani, adulti e giovani, ho rinunciato ad avere un amico e ho preferito esserlo io, un amico, ogni giorno e ogni ora, di qualcuno che non so chi sia e non so dove sia".
"Non deve essere facile...", mormorò il giovane.
"Forse non lo è, perché cercare di essere amico significa, prima di tutto, rinunciare ad averne uno. Ma forse lo è, perché proprio rinunciando ad averne uno se ne possono avere tanti".
"Non si saprà mai chi saranno?", domandò il giovane.
"Mai. Tenere il cuore spalancato perché tutti vi possano entrare, dare sempre fiducia perché tutti ne possano attingere, rispettare ognuno perché ognuno si senta se stesso ti rende, insieme, amato ed odiato, incomprensibile ed imprendibile. Chi cerca di essere amico, è un po' come il mare, fatto di tenera acqua, ma acqua salata. Chi ha come amico il mare, me lo sai dire?"
"Il cielo", rispose il giovane
L'anziano sorrise e rispose:"Posso solo dirti di me. Quand'ero ragazzo fra cento ragazzi, ne ebbi uno, di amico. Fu una cosa bellissima che diede i suoi frutti e poi terminò. Quando divenni adulto fra mille adulti, ne ebbi un altro, di amico. Fu una cosa bellissima, ma l'amico morì ed anch'io mi sentii morire. Ora che sono diventato anziano fra diecimila anziani, adulti e giovani, ho rinunciato ad avere un amico e ho preferito esserlo io, un amico, ogni giorno e ogni ora, di qualcuno che non so chi sia e non so dove sia".
"Non deve essere facile...", mormorò il giovane.
"Forse non lo è, perché cercare di essere amico significa, prima di tutto, rinunciare ad averne uno. Ma forse lo è, perché proprio rinunciando ad averne uno se ne possono avere tanti".
"Non si saprà mai chi saranno?", domandò il giovane.
"Mai. Tenere il cuore spalancato perché tutti vi possano entrare, dare sempre fiducia perché tutti ne possano attingere, rispettare ognuno perché ognuno si senta se stesso ti rende, insieme, amato ed odiato, incomprensibile ed imprendibile. Chi cerca di essere amico, è un po' come il mare, fatto di tenera acqua, ma acqua salata. Chi ha come amico il mare, me lo sai dire?"
"Il cielo", rispose il giovane
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Re: tante storie per riflettere
IL CAPPELLINO
"Se non me lo lasci fare non potrò andare a scuola! Mi vergognerei troppo... È terribilmente importante, mamma!".
Elena scoppiò a piangere. Era la sua arma più efficace.
"Uffa', fa' come vuoi..." brontolò la madre, sbattendo il cucchiaino nel lavello.
"Sembrerai un mostro. Peggio per te!".
In altre 23 famiglie stava avvenendo una scenetta più o meno simile.
Erano i ragazzi della Seconda B della Scuola Media "Carlo Alberto di Savoia".
Per quel giorno avevano preso una decisione importante.
Ma gli allievi della Seconda B erano 25.
In effetti, solo nella venticinquesima famiglia, le cose stavano andando in un modo diverso.
Elisabetta era un concentrato di apprensione, la mamma e il papà cercavano di incoraggiarla.
Era la quindicesima volta che la ragazzina correva a guardarsi allo specchio.
"Mi prenderanno in giro, lo so. Pensa a Marisa che non mi sopporta o a Paolo che mi chiama canna da pesca! Non aspetteranno altro!".
Grossi lacrimoni salati ricominciarono a scorrere sulle guance della ragazzina.
Cercò di sistemarsi il cappellino sportivo che le stava un po' largo.
Il papà la guardò con la sua aria tranquilla:
"Coraggio Elisabetta. Ti ricresceranno presto. Stai reagendo molto bene alla cura e fra qualche mese starai benissimo".
"Sì, ma guarda!". Elisabetta indicò con aria affranta la sua testa che si rifletteva nello specchio, lucida e rosea.
La cura contro il tumore che l'aveva colpita due mesi prima le aveva fatto cadere tutti i capelli. La mamma la abbracciò: "Forza Elisabetta! Si abitueranno presto, vedrai...".
Elisabetta tirò su con il naso, si infilò il cappellino, prese lo zainetto e si avviò.
Davanti alla porta della Seconda B, il cuore le martellava forte.
Chiuse gli occhi ed entrò.
Quando riaprì gli occhi per cercare il suo banco, vide qualcosa di strano.
Tutti, ma proprio tutti, i suoi compagni avevano un cappellino in testa!
Si voltarono verso di lei e sorridendo si tolsero il cappello esclamando:
"Bentornata Elisabetta! ".
Erano tutti rasati a zero, anche Marisa così fiera dei suoi riccioli,
anche Paolo, anche Elena e Giangi e Francesca... Tutti! Ma proprio tutti!
Si alzarono e abbracciarono Elisabetta che non sapeva se piangere o ridere e mormorava soltanto: "Grazie...".
Dalla cattedra, sorrideva anche il professor Donati, che non si era rasato i capelli, semplicemente perché era pelato di suo e aveva la testa come una palla da biliardo.
(Bruno Ferrero, Ma noi abbiamo le ali)
"Se non me lo lasci fare non potrò andare a scuola! Mi vergognerei troppo... È terribilmente importante, mamma!".
Elena scoppiò a piangere. Era la sua arma più efficace.
"Uffa', fa' come vuoi..." brontolò la madre, sbattendo il cucchiaino nel lavello.
"Sembrerai un mostro. Peggio per te!".
In altre 23 famiglie stava avvenendo una scenetta più o meno simile.
Erano i ragazzi della Seconda B della Scuola Media "Carlo Alberto di Savoia".
Per quel giorno avevano preso una decisione importante.
Ma gli allievi della Seconda B erano 25.
In effetti, solo nella venticinquesima famiglia, le cose stavano andando in un modo diverso.
Elisabetta era un concentrato di apprensione, la mamma e il papà cercavano di incoraggiarla.
Era la quindicesima volta che la ragazzina correva a guardarsi allo specchio.
"Mi prenderanno in giro, lo so. Pensa a Marisa che non mi sopporta o a Paolo che mi chiama canna da pesca! Non aspetteranno altro!".
Grossi lacrimoni salati ricominciarono a scorrere sulle guance della ragazzina.
Cercò di sistemarsi il cappellino sportivo che le stava un po' largo.
Il papà la guardò con la sua aria tranquilla:
"Coraggio Elisabetta. Ti ricresceranno presto. Stai reagendo molto bene alla cura e fra qualche mese starai benissimo".
"Sì, ma guarda!". Elisabetta indicò con aria affranta la sua testa che si rifletteva nello specchio, lucida e rosea.
La cura contro il tumore che l'aveva colpita due mesi prima le aveva fatto cadere tutti i capelli. La mamma la abbracciò: "Forza Elisabetta! Si abitueranno presto, vedrai...".
Elisabetta tirò su con il naso, si infilò il cappellino, prese lo zainetto e si avviò.
Davanti alla porta della Seconda B, il cuore le martellava forte.
Chiuse gli occhi ed entrò.
Quando riaprì gli occhi per cercare il suo banco, vide qualcosa di strano.
Tutti, ma proprio tutti, i suoi compagni avevano un cappellino in testa!
Si voltarono verso di lei e sorridendo si tolsero il cappello esclamando:
"Bentornata Elisabetta! ".
Erano tutti rasati a zero, anche Marisa così fiera dei suoi riccioli,
anche Paolo, anche Elena e Giangi e Francesca... Tutti! Ma proprio tutti!
Si alzarono e abbracciarono Elisabetta che non sapeva se piangere o ridere e mormorava soltanto: "Grazie...".
Dalla cattedra, sorrideva anche il professor Donati, che non si era rasato i capelli, semplicemente perché era pelato di suo e aveva la testa come una palla da biliardo.
(Bruno Ferrero, Ma noi abbiamo le ali)
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Re: tante storie per riflettere
AMBRA: TRA GLOBALIZZAZIONE E UNIVERSALISMO
In un paese né grande né piccolo, da qualche parte in Italia, vive una bambina che si chiama Ambra, nome derivato dalla parola anbar che in arabo significa "preziosa".
Al mattino Ambra si alza presto e fa colazione con i corn-flakes, prodotti a base di cereali e di mais, originario del Messico. Poi si veste indossando una felpa di cotone, pianta originaria dell'India, introdotta in Europa dagli arabi alla metà del IX secolo. L'etichetta della felpa dichiara: "made in Taiwan".
Ambra va a scuola e risolve problemi utilizzando numeri indiani, portati in Europa dagli arabi. Durante la ricreazione mangia una banana cresciuta ai tropici e fa una partita a scacchi, gioco di antichissima origine, probabilmente indiana. Racconta poi alla sua amica Sara - che porta il nome di origine ebraica, della santa protettrice degli zingari - come ha trascorso la domenica. Utilizza parole quali computer, videogame, film, judo, chimono, rispettivamente prese a prestito dall'inglese e dal giapponese.
Alla mensa scolastica mangia spaghetti al pomodoro, e forse non sa che la pasta è stata inventata dai cinesi e che il pomodoro, sconosciuto in Europa fino al '500, fu importato dalle Americhe.
Nel pomeriggio l'insegnante d'inglese parla di Halloween, la festa più amata dai bambini americani e Ambra si ricorda di aver sentito raccontare qualcosa di molto simile dalla sua nonna, originaria della Calabria.
Tornata a casa si concede un po' di tempo davanti alla TV. Mentre guarda i suoi cartoni animati giapponesi e un documentario sui Masai sgranocchia una barretta di cioccolato, ottenuta dalla lavorazione del cacao, coltivato esclusivamente nelle zone tropicali.
Per sfuggire la presenza di sua sorella che si sta impasticciando i capelli con l'henné, polvere naturale colorante usata tradizionalmente dalle donne del Medio Oriente e del Maghreb, Ambra si rifugia nell'angolo preferito della sua stanza, su un tappeto pakistano, probabilmente fabbricato da un suo coetaneo.
Fantastica di praterie, cavalli e "tepee", indiani, masticando una caramella balsamica all'eucalipto, pianta originaria australiana.
Nel frattempo anche papà è tornato. A tavola Ambra ascolta confusa un suo commento alle notizie del telegiornale: «Tutti questi stranieri minacciano la nostra tradizione e non hanno proprio niente da insegnarci».
(M. Mezzini, C. Rossi, Gli specchi rubati. Percorsi multiculturali nella scuola elementare)
In un paese né grande né piccolo, da qualche parte in Italia, vive una bambina che si chiama Ambra, nome derivato dalla parola anbar che in arabo significa "preziosa".
Al mattino Ambra si alza presto e fa colazione con i corn-flakes, prodotti a base di cereali e di mais, originario del Messico. Poi si veste indossando una felpa di cotone, pianta originaria dell'India, introdotta in Europa dagli arabi alla metà del IX secolo. L'etichetta della felpa dichiara: "made in Taiwan".
Ambra va a scuola e risolve problemi utilizzando numeri indiani, portati in Europa dagli arabi. Durante la ricreazione mangia una banana cresciuta ai tropici e fa una partita a scacchi, gioco di antichissima origine, probabilmente indiana. Racconta poi alla sua amica Sara - che porta il nome di origine ebraica, della santa protettrice degli zingari - come ha trascorso la domenica. Utilizza parole quali computer, videogame, film, judo, chimono, rispettivamente prese a prestito dall'inglese e dal giapponese.
Alla mensa scolastica mangia spaghetti al pomodoro, e forse non sa che la pasta è stata inventata dai cinesi e che il pomodoro, sconosciuto in Europa fino al '500, fu importato dalle Americhe.
Nel pomeriggio l'insegnante d'inglese parla di Halloween, la festa più amata dai bambini americani e Ambra si ricorda di aver sentito raccontare qualcosa di molto simile dalla sua nonna, originaria della Calabria.
Tornata a casa si concede un po' di tempo davanti alla TV. Mentre guarda i suoi cartoni animati giapponesi e un documentario sui Masai sgranocchia una barretta di cioccolato, ottenuta dalla lavorazione del cacao, coltivato esclusivamente nelle zone tropicali.
Per sfuggire la presenza di sua sorella che si sta impasticciando i capelli con l'henné, polvere naturale colorante usata tradizionalmente dalle donne del Medio Oriente e del Maghreb, Ambra si rifugia nell'angolo preferito della sua stanza, su un tappeto pakistano, probabilmente fabbricato da un suo coetaneo.
Fantastica di praterie, cavalli e "tepee", indiani, masticando una caramella balsamica all'eucalipto, pianta originaria australiana.
Nel frattempo anche papà è tornato. A tavola Ambra ascolta confusa un suo commento alle notizie del telegiornale: «Tutti questi stranieri minacciano la nostra tradizione e non hanno proprio niente da insegnarci».
(M. Mezzini, C. Rossi, Gli specchi rubati. Percorsi multiculturali nella scuola elementare)
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Re: tante storie per riflettere
SASSI, PISELLI, SABBIA E....FILOSOFIA DI VITA
Nel corso della sua lezione, un professore di filosofia, sotto gli occhi stralunati dei suoi allievi, prese un vaso vuoto e cominciò a riempirlo con sassi di 3 centimetri di diametro. Una volta colmatolo, egli chiese se pareva loro che tale vaso potesse dirsi pieno. Essi risposero di sì. Allora il professore tirò fuori dalla sua borsa una scatola di piselli secchi e cominciò a versarli nel vaso. I piselli s’infilarono tra i sassi. Al termine di questa seconda operazione rifece la stessa domanda, alla quale i suoi studenti, divertiti, risposero in coro di sì. Ma la sorpresa fu grande quando gli studenti videro il professore tirar fuori un sacchetto di sabbia e cominciare con quella a riempire gli spazi vuoti che ancora erano nel vaso. - Allora? Vi sembra pieno ora? - Sì, ora lo è senza dubbio! Infine, il professore prese dal cassetto della sua scrivania una lattina di birra e, tra le risate di tutti, la versò lentamente nel vaso.
- Ora, disse, voglio che voi pensiate che questo vaso rappresenti la vostra esistenza.
I sassi sono le cose importanti: la vostra famiglia, le vostre amicizie, la vostra salute, i vostri genitori, i vostri principi e sentimenti; in una parola le cose importanti ed essenziali con le quali riempite la vostra vita, le cose per le quali se tutto il resto fosse perso, la vostra vita sarebbe ancora piena. I piselli sono le altre cose importanti ma non essenziali come le prime, ad esempio: un lavoro ben remunerato, una casa ben arredata, un’automobile di prestigio, un guardaroba ben rifornito, eccetera. La sabbia è tutto il resto, ossia le piccole cose, quelle di cui si può certamente fare a meno, ma che, se ci sono, tanto meglio. Sugli sguardi interessati degli studenti si poteva a quel punto leggervi una generale e compiaciuta condivisione. - Ovviamente riprese ancora il professore se nel vaso iniziate a porvi per prima la sabbia non vi sarà spazio né per i sassi, né per i piselli. La stessa cosa vale per la vostra esistenza: se dedicate le vostre energie alle piccole cose, non avrete più spazio per quelle importanti. Perciò ricordatevi di curare e mantenere saldi i valori della famiglia, dell’amicizia e dell’amore, innanzitutto. Nella vita occorre dedicarsi innanzitutto a ciò che veramente conta, poi al superfluo, perché il resto è solo sabbia! Una giovane studentessa alzò la mano e chiese di parlare: - E la birra cosa rappresenta ? - Sono contento che me lo hai chiesto. Essa è servita giusto a dimostrarvi che, per quanto piena possa essere la vostra esistenza, c’è sempre spazio per una birra!
Nel corso della sua lezione, un professore di filosofia, sotto gli occhi stralunati dei suoi allievi, prese un vaso vuoto e cominciò a riempirlo con sassi di 3 centimetri di diametro. Una volta colmatolo, egli chiese se pareva loro che tale vaso potesse dirsi pieno. Essi risposero di sì. Allora il professore tirò fuori dalla sua borsa una scatola di piselli secchi e cominciò a versarli nel vaso. I piselli s’infilarono tra i sassi. Al termine di questa seconda operazione rifece la stessa domanda, alla quale i suoi studenti, divertiti, risposero in coro di sì. Ma la sorpresa fu grande quando gli studenti videro il professore tirar fuori un sacchetto di sabbia e cominciare con quella a riempire gli spazi vuoti che ancora erano nel vaso. - Allora? Vi sembra pieno ora? - Sì, ora lo è senza dubbio! Infine, il professore prese dal cassetto della sua scrivania una lattina di birra e, tra le risate di tutti, la versò lentamente nel vaso.
- Ora, disse, voglio che voi pensiate che questo vaso rappresenti la vostra esistenza.
I sassi sono le cose importanti: la vostra famiglia, le vostre amicizie, la vostra salute, i vostri genitori, i vostri principi e sentimenti; in una parola le cose importanti ed essenziali con le quali riempite la vostra vita, le cose per le quali se tutto il resto fosse perso, la vostra vita sarebbe ancora piena. I piselli sono le altre cose importanti ma non essenziali come le prime, ad esempio: un lavoro ben remunerato, una casa ben arredata, un’automobile di prestigio, un guardaroba ben rifornito, eccetera. La sabbia è tutto il resto, ossia le piccole cose, quelle di cui si può certamente fare a meno, ma che, se ci sono, tanto meglio. Sugli sguardi interessati degli studenti si poteva a quel punto leggervi una generale e compiaciuta condivisione. - Ovviamente riprese ancora il professore se nel vaso iniziate a porvi per prima la sabbia non vi sarà spazio né per i sassi, né per i piselli. La stessa cosa vale per la vostra esistenza: se dedicate le vostre energie alle piccole cose, non avrete più spazio per quelle importanti. Perciò ricordatevi di curare e mantenere saldi i valori della famiglia, dell’amicizia e dell’amore, innanzitutto. Nella vita occorre dedicarsi innanzitutto a ciò che veramente conta, poi al superfluo, perché il resto è solo sabbia! Una giovane studentessa alzò la mano e chiese di parlare: - E la birra cosa rappresenta ? - Sono contento che me lo hai chiesto. Essa è servita giusto a dimostrarvi che, per quanto piena possa essere la vostra esistenza, c’è sempre spazio per una birra!
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Re: tante storie per riflettere
I tre figli
Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi.
Le donne lodavano i rispettivi figli.
"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari".
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua".
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "È un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...".
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro.
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!".
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "è un angelo!".
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?".
"Figli?", esclamò meravigliato il vecchio. "Io ho visto un figlio solo!".
Tre donne andarono alla fontana per attingere acqua. Presso la fontana, su una panca di pietra, sedeva un uomo anziano che le osservava in silenzio ed ascoltava i loro discorsi.
Le donne lodavano i rispettivi figli.
"Mio figlio", diceva la prima, "è così svelto ed agile che nessuno gli sta alla pari".
"Mio figlio", sosteneva la seconda, "canta come un usignolo. Non c'è nessuno al mondo che possa vantare una voce bella come la sua".
"E tu, che cosa dici di tuo figlio?", chiesero alla terza, che rimaneva in silenzio.
"Non so che cosa dire di mio figlio", rispose la donna. "È un bravo ragazzo, come ce ne sono tanti. Non sa fare niente di speciale...".
Quando le anfore furono piene, le tre donne ripresero la via di casa. Il vecchio le seguì per un pezzo di strada. Le anfore erano pesanti, le braccia delle donne stentavano a reggerle.
Ad un certo punto si fermarono per far riposare le povere schiene doloranti.
Vennero loro incontro tre giovani. Il primo improvvisò uno spettacolo: appoggiava le mani a terra e faceva la ruota con i piedi per aria, poi inanellava un salto mortale dopo l'altro.
Le donne lo guardavano estasiate: "Che giovane abile!".
Il secondo giovane intonò una canzone. Aveva una voce splendida che ricamava armonie nell'aria come un usignolo.
Le donne lo ascoltavano con le lacrime agli occhi: "è un angelo!".
Il terzo giovane si diresse verso sua madre, prese la pesante anfora e si mise a portarla, camminando accanto a lei.
Le donne si rivolsero al vecchio: "Allora che cosa dici dei nostri figli?".
"Figli?", esclamò meravigliato il vecchio. "Io ho visto un figlio solo!".
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Re: tante storie per riflettere
Le cose che non hai fatto
Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l'ammaccai?
Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?
Credevo che avresti esclamato: "Te l'avevo detto!". Ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?
Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?
Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?
Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l'hai fatto.
Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.
Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.
C'erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l'hai fatto.
Ma tu non sei tornato.
Una regola d'oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito.
Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte
Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l'ammaccai?
Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve?
Credevo che avresti esclamato: "Te l'avevo detto!". Ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito?
Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l'hai fatto.
Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina?
Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l'hai fatto.
E ricordi quella volta che dimenticai di dirti che la festa era in abito da sera e ti presentasti in jeans?
Credevo che mi avresti mollata, ma tu non l'hai fatto.
Sì, ci sono tante cose che non hai fatto.
Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi.
C'erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l'hai fatto.
Ma tu non sei tornato.
Una regola d'oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito.
Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte
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Re: tante storie per riflettere
Il grillo e la moneta
di Bruno Ferrero
Un saggio indiano aveva un caro amico che abitava a Milano. Si erano conosciuti in India, dove l’italiano era andato con la famiglia per fare un viaggio turistico. L’indiano aveva fatto da guida agli italiani, portandoli a esplorare gli angoli più caratteristici della sua patria.
Riconoscente, l’amico milanese aveva invitato l’indiano a casa sua. Voleva ricambiare il favore e fargli conoscere la sua città. L’indiano era molto restio a partire, ma poi cedette all’insistenza dell’amico italiano e un bel giorno sbarcò da un aereo alla Malpensa.
Il giorno dopo, il milanese e l’indiano passeggiavano per il centro della città. L’indiano, con il suo viso color cioccolato, la barba nera e il turbante giallo attirava gli sguardi dei passanti e il milanese camminava tutto fiero d’avere un amico così esotico.
Ad un tratto, in piazza San Babila, l’indiano si fermò e disse:
Senti anche tu quel che sento io?
Il milanese, un po’ sconcertato, tese le orecchie più che poteva, ma ammise di non sentire nient’altro che il gran rumore del traffico cittadino.
Qui vicino c’è un grillo che canta.
Continuò, sicuro di sé, l’indiano.
Ti sbagli - replicò il milanese - io sento solo il chiasso della città. E poi, figurati se ci sono grilli da queste parti.
Non mi sbaglio. Sento il canto di un grillo.
Ribatté l’indiano e decisamente si mise a cercare tra le foglie di alcuni alberelli striminziti. Dopo un po’ indicò all’amico che lo osservava scettico un piccolo insetto, uno splendido grillo canterino che si rintanava brontolando contro i disturbatori del suo concerto.
Hai visto che c’era un grillo?
Disse l’indiano.
È vero.
Ammise il milanese.
Voi indiani avete l’udito molto più acuto di noi bianchi….
Questa volta ti sbagli tu - sorrise il saggio indiano. Stai attento… .
L’indiano tirò fuori dalla tasca una monetina e facendo finta di niente la lasciò cadere sul marciapiede. Immediatamente quattro o cinque persone si voltarono a guardare.
Hai visto?
Spiegò l’indiano.
Questa monetina ha fatto un tintinnio più esile e fievole del trillare del grillo. Eppure hai notato quanti bianchi lo hanno udito?
La Morale:
Il saggio indiano tende l’orecchio alla natura della vita e l’uomo di città alla sua materialità, ma non soffermiamoci solo su questa morale fin troppo chiara a tutti, ma sul perchè l’uomo di città si gira al rumore di una monetina e non al canto del grillo, io non gliene farei una colpa.
L’uomo di città nasce in un contesto di frenesia, in un vivere che non lascia scampo che lo risucchia sin da piccolo, mentre l’indiano proviene da un tessuto sociale diverso dove ha avuto più tempo per vivere se stesso.
La società è un abito che non solo ci veste, ma alla fine ci abita. L’uomo è un animale di abitudini, non c’è cosa più difficile che rompere le abitudini, alla fine diventano le nostre sicurezze, il recinto attorno alla nostra terra, in questa favola più che ammirare la saggezza dell’indiano, io abbraccerei forte il suo fratello sfortunato rapito dalle braccia della vita quando ancora era in fasce, l’uomo di città.
di Bruno Ferrero
Un saggio indiano aveva un caro amico che abitava a Milano. Si erano conosciuti in India, dove l’italiano era andato con la famiglia per fare un viaggio turistico. L’indiano aveva fatto da guida agli italiani, portandoli a esplorare gli angoli più caratteristici della sua patria.
Riconoscente, l’amico milanese aveva invitato l’indiano a casa sua. Voleva ricambiare il favore e fargli conoscere la sua città. L’indiano era molto restio a partire, ma poi cedette all’insistenza dell’amico italiano e un bel giorno sbarcò da un aereo alla Malpensa.
Il giorno dopo, il milanese e l’indiano passeggiavano per il centro della città. L’indiano, con il suo viso color cioccolato, la barba nera e il turbante giallo attirava gli sguardi dei passanti e il milanese camminava tutto fiero d’avere un amico così esotico.
Ad un tratto, in piazza San Babila, l’indiano si fermò e disse:
Senti anche tu quel che sento io?
Il milanese, un po’ sconcertato, tese le orecchie più che poteva, ma ammise di non sentire nient’altro che il gran rumore del traffico cittadino.
Qui vicino c’è un grillo che canta.
Continuò, sicuro di sé, l’indiano.
Ti sbagli - replicò il milanese - io sento solo il chiasso della città. E poi, figurati se ci sono grilli da queste parti.
Non mi sbaglio. Sento il canto di un grillo.
Ribatté l’indiano e decisamente si mise a cercare tra le foglie di alcuni alberelli striminziti. Dopo un po’ indicò all’amico che lo osservava scettico un piccolo insetto, uno splendido grillo canterino che si rintanava brontolando contro i disturbatori del suo concerto.
Hai visto che c’era un grillo?
Disse l’indiano.
È vero.
Ammise il milanese.
Voi indiani avete l’udito molto più acuto di noi bianchi….
Questa volta ti sbagli tu - sorrise il saggio indiano. Stai attento… .
L’indiano tirò fuori dalla tasca una monetina e facendo finta di niente la lasciò cadere sul marciapiede. Immediatamente quattro o cinque persone si voltarono a guardare.
Hai visto?
Spiegò l’indiano.
Questa monetina ha fatto un tintinnio più esile e fievole del trillare del grillo. Eppure hai notato quanti bianchi lo hanno udito?
La Morale:
Il saggio indiano tende l’orecchio alla natura della vita e l’uomo di città alla sua materialità, ma non soffermiamoci solo su questa morale fin troppo chiara a tutti, ma sul perchè l’uomo di città si gira al rumore di una monetina e non al canto del grillo, io non gliene farei una colpa.
L’uomo di città nasce in un contesto di frenesia, in un vivere che non lascia scampo che lo risucchia sin da piccolo, mentre l’indiano proviene da un tessuto sociale diverso dove ha avuto più tempo per vivere se stesso.
La società è un abito che non solo ci veste, ma alla fine ci abita. L’uomo è un animale di abitudini, non c’è cosa più difficile che rompere le abitudini, alla fine diventano le nostre sicurezze, il recinto attorno alla nostra terra, in questa favola più che ammirare la saggezza dell’indiano, io abbraccerei forte il suo fratello sfortunato rapito dalle braccia della vita quando ancora era in fasce, l’uomo di città.
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Bruno Ferrero, A volte basta un raggio di sole
In una notte gelida d'inverno, un lama buddhista trovò sulla soglia della porta un topolino intirizzito e quasi morto di freddo. Il lama raccolse il topolino, lo ristorò e gli chiese di restare a fargli compagnia. Da quel momento la vita del topolino fu piacevole. Ma nonostante questo, la bestiola non aveva l'aria felice. Il lama si preoccupò: "Che hai, piccolo amico?", gli chiese.
"Tu sei molto buono con me. E tutto nella tua casa è molto buono con me. Ma c'è il gatto...".
Il lama sorrise. Non aveva pensato al gatto di casa, un animale troppo saggio e troppo ben pasciuto per degnarsi di dare la caccia ai topi.
Il lama esclamò: "Ma quel bel micione non ti vuole certo male, amico mio! Non farebbe mai male a un topolino! Non hai niente da temere, te lo assicuro".
"Ti credo, ma è più forte di me" piagnucolò il topolino. "Ho tanta paura del gatto. Il tuo potere è grande. Trasformami in gatto! Cosi non avrei più paura di quella bestia orribile".
Il lama scosse la testa. Non gli sembrava una buona idea... Ma il topolino lo supplicava e allora disse: "Sia fatto come desideri, piccolo amico!".
E di colpo il topolino fu trasformato in un grosso gatto.
Quando morì la notte e nacque il giorno, un bel gattone uscì dalla camera del lama. Ma appena vide il gatto di casa, il gatto-topolino corse a rifugiarsi nella camera del lama e si infilò sotto il letto.
"Che ti succede, piccolo amico?" chiese il lama, sorpreso. "Avrai mica ancora paura del gatto?".
Il topolino-gatto si vergognò moltissimo. E implorò: "Ti prego trasformami in un cane, un grosso cane dalle zanne taglienti, che abbaia forte...".
"Dal momento che lo desideri ti accontento e così sia!".
Quando il giorno morì e si accesero le lampade a olio, un grosso cane nero uscì dalla camera del lama. Il cane andò fin sulla soglia della casa e incontrò il gatto di casa che usciva dalla cucina. Il gattone quasi svenne per la paura alla vista del cane. Ma il cane ebbe ancora più paura. Guaì penosamente e corse a rifugiarsi nella camera del lama. Il saggio guardò il povero cane tremante e disse: "Che ti succede? Hai incontrato un altro cane?".
Il cane-topolino si vergognò da morire. E chiese: "Trasformami in una tigre, ti prego, in una grossa terribile tigre!".
Il lama lo accontentò e, il giorno dopo, una enorme tigre dagli occhi feroci uscì dalla camera del lama. La tigre passeggiò per tutta la casa spaventando tutti, poi uscì nel giardino e là incontrò il gatto che usciva dalla cucina. Appena vide la tigre, il gatto fece un balzo terrorizzato, si arrampicò su un albero e poi chiuse gli occhi, dicendo: "Sono un gatto morto!".
Ma la tigre, vedendo il gatto, miagolò lamentosamente e fuggì ancora più veloce del gatto e corse a rifugiarsi in un angolo della stanza del lama.
"Che bestia spaventosa hai incontrato?", gli chiese il lama.
"Io... io ho paura... del... gatto!", balbettò la tigre, che tremava ancora.
Il lama scoppiò in una gran risata. "Adesso capisci, piccolo amico" spiegò. "L'apparenza non è niente! Di fuori hai l'aspetto terribile di una tigre, ma hai paura del gatto perché il tuo cuore è rimasto quello di un topolino".
Bisogna sempre incominciare dal cuore.
In una notte gelida d'inverno, un lama buddhista trovò sulla soglia della porta un topolino intirizzito e quasi morto di freddo. Il lama raccolse il topolino, lo ristorò e gli chiese di restare a fargli compagnia. Da quel momento la vita del topolino fu piacevole. Ma nonostante questo, la bestiola non aveva l'aria felice. Il lama si preoccupò: "Che hai, piccolo amico?", gli chiese.
"Tu sei molto buono con me. E tutto nella tua casa è molto buono con me. Ma c'è il gatto...".
Il lama sorrise. Non aveva pensato al gatto di casa, un animale troppo saggio e troppo ben pasciuto per degnarsi di dare la caccia ai topi.
Il lama esclamò: "Ma quel bel micione non ti vuole certo male, amico mio! Non farebbe mai male a un topolino! Non hai niente da temere, te lo assicuro".
"Ti credo, ma è più forte di me" piagnucolò il topolino. "Ho tanta paura del gatto. Il tuo potere è grande. Trasformami in gatto! Cosi non avrei più paura di quella bestia orribile".
Il lama scosse la testa. Non gli sembrava una buona idea... Ma il topolino lo supplicava e allora disse: "Sia fatto come desideri, piccolo amico!".
E di colpo il topolino fu trasformato in un grosso gatto.
Quando morì la notte e nacque il giorno, un bel gattone uscì dalla camera del lama. Ma appena vide il gatto di casa, il gatto-topolino corse a rifugiarsi nella camera del lama e si infilò sotto il letto.
"Che ti succede, piccolo amico?" chiese il lama, sorpreso. "Avrai mica ancora paura del gatto?".
Il topolino-gatto si vergognò moltissimo. E implorò: "Ti prego trasformami in un cane, un grosso cane dalle zanne taglienti, che abbaia forte...".
"Dal momento che lo desideri ti accontento e così sia!".
Quando il giorno morì e si accesero le lampade a olio, un grosso cane nero uscì dalla camera del lama. Il cane andò fin sulla soglia della casa e incontrò il gatto di casa che usciva dalla cucina. Il gattone quasi svenne per la paura alla vista del cane. Ma il cane ebbe ancora più paura. Guaì penosamente e corse a rifugiarsi nella camera del lama. Il saggio guardò il povero cane tremante e disse: "Che ti succede? Hai incontrato un altro cane?".
Il cane-topolino si vergognò da morire. E chiese: "Trasformami in una tigre, ti prego, in una grossa terribile tigre!".
Il lama lo accontentò e, il giorno dopo, una enorme tigre dagli occhi feroci uscì dalla camera del lama. La tigre passeggiò per tutta la casa spaventando tutti, poi uscì nel giardino e là incontrò il gatto che usciva dalla cucina. Appena vide la tigre, il gatto fece un balzo terrorizzato, si arrampicò su un albero e poi chiuse gli occhi, dicendo: "Sono un gatto morto!".
Ma la tigre, vedendo il gatto, miagolò lamentosamente e fuggì ancora più veloce del gatto e corse a rifugiarsi in un angolo della stanza del lama.
"Che bestia spaventosa hai incontrato?", gli chiese il lama.
"Io... io ho paura... del... gatto!", balbettò la tigre, che tremava ancora.
Il lama scoppiò in una gran risata. "Adesso capisci, piccolo amico" spiegò. "L'apparenza non è niente! Di fuori hai l'aspetto terribile di una tigre, ma hai paura del gatto perché il tuo cuore è rimasto quello di un topolino".
Bisogna sempre incominciare dal cuore.
Cinzia71- Adulto/Adulta
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"Chi sei" in poche parole : sono una donna che ha sempre lottato
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Re: tante storie per riflettere
Quando siamo troppo allegri,
in realtà siamo infelici.
Quando parliamo troppo,
in realtà siamo a disagio.
Quando urliamo,
in realtà abbiamo paura.
In realtà,
la realtà non è quasi mai come appare.
Nei silenzi, negli equilibri, nelle "continenze"
si trovano la vera realtà e la vera forza.
in realtà siamo infelici.
Quando parliamo troppo,
in realtà siamo a disagio.
Quando urliamo,
in realtà abbiamo paura.
In realtà,
la realtà non è quasi mai come appare.
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Re: tante storie per riflettere
Dalai Lama
Ci sono solo due giorni all'anno in cui non si può fare niente: uno si chiama ieri, l'altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, crescere, agire e, sopratutto, vivere.
Ci sono solo due giorni all'anno in cui non si può fare niente: uno si chiama ieri, l'altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, crescere, agire e, sopratutto, vivere.
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Re: tante storie per riflettere
C'era un uomo che lavorava in un circo come equilibrista. Un giorno invitò tutti i suoi amici ad un numero sensazionale: prese una fune a la legò tra due palazzi ad un'altezza di ben 20 metri! Poi domando: "cari amici vi ho invitato oggi perché farò due strepitose esibizioni, pensate che riesca a compierle?". Gli amici, conoscendo le sue abilità e avendolo già visto esibirsi più volte risposero di sì. Allora l'equilibrista cominciò con la prima e mettendo un piede dopo l'altro percorse l'intera fune per ben due volte: andata e ritorno. Gli applausi furono a scena aperta e tutti gli amici erano orgogliosi della sua abilità. "Cari amici ecco la seconda esibizione", disse l'equilibrista, facendosi portare una carriola alla sua altezza e poi disse "Quando all'inizio vi ho chiesto se sarei riuscito a fare queste due esibizioni, vi siete fidati e avete risposto di sì, ho fatto la prima e mi avete sommerso di calorosi applausi, bene! ecco cosa intendo fare nella seconda: vedete questa carriola? Adesso chiederò ad ognuno di voi, uno alla volta, di sedersi sopra e io attraverserò di nuovo la fune portandovi con me!". All'udire ciò gli amici rimasero completamente spiazzati e, uno dopo l'altro, se ne andarono tutti, cosicché l'equilibrista non riuscì a portare a termine l'esibizione.
Cinzia71- Adulto/Adulta
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Re: tante storie per riflettere
Mentre mia moglie mi serviva la cena , le presi la mano e le dissi:” Devo parlarti”.Lei annui e mangio’ con calma.La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi….quel dolore che all’improvviso mi bloccava la bocca…Mi feci coraggio e le dissi:” Voglio il divorzio”.Lei nn sembro’ disg…ustata dalla mia domanda e mi chiese soavemente: ” Perche’?”.Quella sera nn parlammo piu’ e lei pianse tutta la notte.Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle ….aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna …Giovanna!Io ormai non amavo piu’ mia moglie…mi faceva solo tanta pena…mi sentivo in colpa, ragion per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio.Lei quando vide l’atto lo strappo a mille pezzi ! ”Come ?! avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?!”.A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me …per tutte le sue energie….pero’ non potevo farci nulla…io amavo Giovanna!All’improvviso mia moglie comincio’ a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione….l’idea del divorzio cominciava ad essere realta’.Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva…non cenai e mi misi a letto…ero molto stanco dopo una giornata passata con Giovanna.Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre li’ seduta a scrivere…mi girai e continuai a dormire.La mattina dopo mia moglie mi presento’ le condizioni affinche’ accettasse la separazione.Non voleva la casa, non voleva l’auto .tantomeno il negozio…soltanto un mese di preavviso..quel mese che stava per cominciare l’indomani.Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto!Il suo ragionamento era semplice : ”Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non e’ giusto distrarlo con i nostri problemi”.Io fui d’accordo pero’ lei mi fece un ulteriore richiesta.” Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo , quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta…in questo mese pero’ ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa ”.Pensai che avesse perso il cervello , ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio per superare il momento in pace.Raccontai la cosa a Giovanna che scoppio’ in una fragorosa risata dicendo: ”Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie…dille che oramai tu sei mio…se ne faccia una ragione!”.
Io e mia moglie era da tanto che non avevamo piu’ intimita’, cosi’ quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati ….nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo:” Grande papa’, ha preso la mamma in braccio!”.Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore….camminai dieci metri con mia moglie in braccio ….lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce:”Non dirgli nulla del divorzio ..per favore…Acconsentii con un cenno , un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio.Lei usci’ e ando’ a prendere il bus per andare al lavoro.Il secondo giorno eravamo tutti e due piu’ rilassati …lei si appoggio’ al mio petto e..potetti sentire il suo profumo sul mio maglione.Mi resi conto ch era da tanto tempo che non la guardavo ….Mi resi conto che non era piu’ cosi’ giovane…qualche ruga ..qualche capello bianco….!Si notava il danno che le avevo fatto!ma cosa avevo potuto fare da ridurla cosi’?Il quarto giorno , prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l’intimita’ stava ritornando tra noi….questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio….e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre piu’ .Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!.Ogni giorni era piu’ facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente.Pensai che mi stavo abituando ad alzarla , e per questo ogni giorno che passava la sentivo piu’ leggera.Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi…si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse:”I miei vestiti mi vanno grandi, ”.Li’ mi resi conto che era dimagrita tanto…ecco perche’ mi sembrava cosi’ leggera!Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione…troppo dolore e troppa sofferenza pensai.Senza accorgermene le toccai i capelli …nostro figlio entro’ all’improvviso nella nostra stanza e disse :” Papa’ e’ arrivato il momento di portare la mamma in braccio( per lui era diventato un momento basilare della sua vita).Mia moglie lo abbraccio’ forte ed io girai la testa …ma dentro sentivo un brivido che cambio’ il mio modo di vedere il divorzio.Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo…la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata …mi venne da piangere!L’ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi:” Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimita’ con te….Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina…mia moglie resto’ a casa.
Mi diressi verso il posto di lavoro ..ma a un certo punto passando davanti casa di Giovanna mi fermai ..scesi e corsi sulle scale…lei mi apri’ la porta e io le dissi:”Perdonami..ma non voglio piu’ divorziare da mia moglie…lei mi guardo’ e disse: Ma sei impazzito?Io le risposi :” No…e’ solo che amo mia moglie…era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato ..ma ora ho capito i veri valori della vita , dal giorno in cui l’ho poortata in braccio mi sono reso conto osservandola e guardandola che dovevo farlo per il resto della mia vita!Giovanna pianse mi tiro’ uno schiaffo e entro’ in casa sbattendomi in faccia la porta.Io scesi le scale velocemente , andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori.le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: Cosa scriviamo sul biglietto?le dissi:”Ti prendero’ in braccio ogni giorno della mia vita finche’ morte nn ci separi”Arrivai di corsa a casa…feci le scale entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca……ma mia moglie era a terra …morta!.Stava lottando contro il cancro …ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna senza nemmeno accorgermene.Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo…si un mese…affinche’ a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio….affinche’ nostro figlio non subisse traumi…..affinche’ a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.Questi sono i dettagli che contano in una relazione…non la casa….non la macchina….non i soldi…queste sono cose effimere che sembrano creare unione e invece dividono.Cerchiamo sempre di mantenere il matrimonio felice…ricordando sempre il primo giorno di questa bella storia d’amore.A volte non diamo il giusto valore a cio’ che abbiamo fino a quando non lo perdiamo……………
Io e mia moglie era da tanto che non avevamo piu’ intimita’, cosi’ quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati ….nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo:” Grande papa’, ha preso la mamma in braccio!”.Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore….camminai dieci metri con mia moglie in braccio ….lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce:”Non dirgli nulla del divorzio ..per favore…Acconsentii con un cenno , un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio.Lei usci’ e ando’ a prendere il bus per andare al lavoro.Il secondo giorno eravamo tutti e due piu’ rilassati …lei si appoggio’ al mio petto e..potetti sentire il suo profumo sul mio maglione.Mi resi conto ch era da tanto tempo che non la guardavo ….Mi resi conto che non era piu’ cosi’ giovane…qualche ruga ..qualche capello bianco….!Si notava il danno che le avevo fatto!ma cosa avevo potuto fare da ridurla cosi’?Il quarto giorno , prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l’intimita’ stava ritornando tra noi….questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio….e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre piu’ .Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!.Ogni giorni era piu’ facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente.Pensai che mi stavo abituando ad alzarla , e per questo ogni giorno che passava la sentivo piu’ leggera.Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi…si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse:”I miei vestiti mi vanno grandi, ”.Li’ mi resi conto che era dimagrita tanto…ecco perche’ mi sembrava cosi’ leggera!Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione…troppo dolore e troppa sofferenza pensai.Senza accorgermene le toccai i capelli …nostro figlio entro’ all’improvviso nella nostra stanza e disse :” Papa’ e’ arrivato il momento di portare la mamma in braccio( per lui era diventato un momento basilare della sua vita).Mia moglie lo abbraccio’ forte ed io girai la testa …ma dentro sentivo un brivido che cambio’ il mio modo di vedere il divorzio.Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo…la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata …mi venne da piangere!L’ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi:” Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimita’ con te….Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina…mia moglie resto’ a casa.
Mi diressi verso il posto di lavoro ..ma a un certo punto passando davanti casa di Giovanna mi fermai ..scesi e corsi sulle scale…lei mi apri’ la porta e io le dissi:”Perdonami..ma non voglio piu’ divorziare da mia moglie…lei mi guardo’ e disse: Ma sei impazzito?Io le risposi :” No…e’ solo che amo mia moglie…era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato ..ma ora ho capito i veri valori della vita , dal giorno in cui l’ho poortata in braccio mi sono reso conto osservandola e guardandola che dovevo farlo per il resto della mia vita!Giovanna pianse mi tiro’ uno schiaffo e entro’ in casa sbattendomi in faccia la porta.Io scesi le scale velocemente , andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori.le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: Cosa scriviamo sul biglietto?le dissi:”Ti prendero’ in braccio ogni giorno della mia vita finche’ morte nn ci separi”Arrivai di corsa a casa…feci le scale entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca……ma mia moglie era a terra …morta!.Stava lottando contro il cancro …ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna senza nemmeno accorgermene.Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo…si un mese…affinche’ a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio….affinche’ nostro figlio non subisse traumi…..affinche’ a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.Questi sono i dettagli che contano in una relazione…non la casa….non la macchina….non i soldi…queste sono cose effimere che sembrano creare unione e invece dividono.Cerchiamo sempre di mantenere il matrimonio felice…ricordando sempre il primo giorno di questa bella storia d’amore.A volte non diamo il giusto valore a cio’ che abbiamo fino a quando non lo perdiamo……………
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