Storia di Erin
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Storia di Erin
Questo è il breve prologo del mio secondo romanzo, "Erin Kilroy".
Una terra che amo molto e che prima o poi voglio visitare è l'Irlanda. E' lì che la storia di Erin è ambientata. Tra le falesie del Connemara, scogliere a picco sull'Atlantico, e le lande verde smeraldo dell'interno...
Guardò il mare, scostandosi i capelli dagli occhi. Il vento frustava l’erba alta, sibilava nelle orecchie insieme al suono delle onde. Si portò una mano sul ventre. Sulle labbra la salsedine aveva un sapore fresco e amaro. Accostò un piede nudo al bordo di roccia, la distanza fino agli scogli le parve dilatarsi. Per un attimo la vista fu abbagliata dalle lacrime. Cercò di pregare, ma non le riuscì. Le fu facile invece immaginare la faccia del vecchio Dingle, quando l’avrebbe trovata laggiù, col capo fracassato. Era da lui che voleva essere trovata, perché il vecchio Dingle sapeva raccontare e dare un senso perfino alla morte.
La creatura si mosse. Ebbe la sensazione che volesse dirle di fermarsi. E’ tardi, pensò, non hai nessun diritto di chiedermelo. Ce ne andiamo insieme. Tu ed io.
Deglutì. Sentì il peso della sua giovane età e le parve insopportabile. Lasciò quindi che la disperazione sopraffacesse la paura. E spiccò il salto.
Betty Boop- Nonna Belarda/Nonno Geppo
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Numero di messaggi : 1817
Località : nei pressi di Roma
Occupazione/Hobby : recitazione, lettura, scrittura
"Chi sei" in poche parole : amo il teatro e la buona conversazione
Data d'iscrizione : 08.01.08
Re: Storia di Erin
Cleggan, regione del Connemara, ottobre 1845
Il vecchio seanchaì[1]
depose l’arpa e, come sempre, si batté le mani sulle ginocchia. Il fuoco di
torba sarebbe durato per non più di mezz’ora, aveva pertanto solo dieci minuti
per finire la storia dei lepricauni, che il piccolo Daniel preferiva. Vide nei
suoi occhi il desiderio di sentirlo narrare, ma anche la fame vera, e la
compassione gli vibrò in petto. Erin si era appoggiata alla parete annerita di
fumo e sporco, il suo sguardo era languido, pensò che fosse molto stanca. A
guardarla si sarebbe potuto credere che il tempo si fosse fermato a diciassette
anni prima, quando sua madre durante le lunghe sere autunnali lo ascoltava con
gli stessi occhi.
«Credo che il vecchio Dingle debba andare», disse d’un tratto Tom. Dingle vide che si era alzato ed era già alla porta come ad invitarlo ad uscire.
«Come volete, Tom». Cominciò ad alzarsi con una certa fatica. Daniel lasciò le braccia di Erin e lo aiutò, poi gli porse l’arpa. Dingle gli sorrise con complicità.
«Vi aspettiamo per domani. Sempre che non siate stato invitato da qualche altra parte», disse Erin.
«Domani, certo», e uscì nella notte ventosa e umida.
Tom chiuse la porta e abbassò l’asta di legno. Ordinò a Erin di portare a letto Daniel e solo quando
la ragazza sparì si sedette. Mary depose il lavoro di cucito e lo guardò.
«Stasera gli dirai che deve smetterla. O lo farò io», disse sua moglie.
«L’ho già fatto. Ma è come se parlassi al vento».
«Questa storia non mi piace, Tom. Hanno assalito la capanna di Faolan due sere fa. Bruciata con tutte le poche cose che possedeva. Forse era con loro».
«Non ci credo. Non lo farebbe».
«E’ quello che dicono tutti qui. Non uno che sospetti dei propri figli».
Tom sembrò accorgersi solo in quel momento che la Mary di un tempo non esisteva più. Negli ultimi giorni gli avvenimenti si stavano susseguendo a ritmo vertiginoso. Prima i campi andati a male, poi le sparizioni di Liam. Eventi duri da sopportare anche per una donna come lei. Si alzò con un sospiro. Aveva sonno.
«Dormiamoci sopra. Con il giorno tutto sembra più facile».
«Non me andrò a letto prima di vederlo entrare da quella porta», replicò Mary e riprese il lavoro di
cucito.
Tom andò a scostare la torba del camino. «E’ cresciuto. Un uomo, ormai. Forse si vede con una ragazza del villaggio»...
[1] Cantastorie, in lingua gaelica.
Il vecchio seanchaì[1]
depose l’arpa e, come sempre, si batté le mani sulle ginocchia. Il fuoco di
torba sarebbe durato per non più di mezz’ora, aveva pertanto solo dieci minuti
per finire la storia dei lepricauni, che il piccolo Daniel preferiva. Vide nei
suoi occhi il desiderio di sentirlo narrare, ma anche la fame vera, e la
compassione gli vibrò in petto. Erin si era appoggiata alla parete annerita di
fumo e sporco, il suo sguardo era languido, pensò che fosse molto stanca. A
guardarla si sarebbe potuto credere che il tempo si fosse fermato a diciassette
anni prima, quando sua madre durante le lunghe sere autunnali lo ascoltava con
gli stessi occhi.
«Credo che il vecchio Dingle debba andare», disse d’un tratto Tom. Dingle vide che si era alzato ed era già alla porta come ad invitarlo ad uscire.
«Come volete, Tom». Cominciò ad alzarsi con una certa fatica. Daniel lasciò le braccia di Erin e lo aiutò, poi gli porse l’arpa. Dingle gli sorrise con complicità.
«Vi aspettiamo per domani. Sempre che non siate stato invitato da qualche altra parte», disse Erin.
«Domani, certo», e uscì nella notte ventosa e umida.
Tom chiuse la porta e abbassò l’asta di legno. Ordinò a Erin di portare a letto Daniel e solo quando
la ragazza sparì si sedette. Mary depose il lavoro di cucito e lo guardò.
«Stasera gli dirai che deve smetterla. O lo farò io», disse sua moglie.
«L’ho già fatto. Ma è come se parlassi al vento».
«Questa storia non mi piace, Tom. Hanno assalito la capanna di Faolan due sere fa. Bruciata con tutte le poche cose che possedeva. Forse era con loro».
«Non ci credo. Non lo farebbe».
«E’ quello che dicono tutti qui. Non uno che sospetti dei propri figli».
Tom sembrò accorgersi solo in quel momento che la Mary di un tempo non esisteva più. Negli ultimi giorni gli avvenimenti si stavano susseguendo a ritmo vertiginoso. Prima i campi andati a male, poi le sparizioni di Liam. Eventi duri da sopportare anche per una donna come lei. Si alzò con un sospiro. Aveva sonno.
«Dormiamoci sopra. Con il giorno tutto sembra più facile».
«Non me andrò a letto prima di vederlo entrare da quella porta», replicò Mary e riprese il lavoro di
cucito.
Tom andò a scostare la torba del camino. «E’ cresciuto. Un uomo, ormai. Forse si vede con una ragazza del villaggio»...
[1] Cantastorie, in lingua gaelica.
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